È il “connettoma”, il “google map” cerebrale che studia le intricate connessioni neurali del cervello l’argomento principe di un incontro tra i massimi esperti italiani e mondiali della ricerca neurologica all’Università Cattolica di Roma ("Updates on Human Brain Connectome: from Physiology to Diseases”, 28-29 novembre).
Un viaggio su autostrade e sentieri del cervello umano per capire come sono connesse tra loro le diverse aree neurali e riuscire attraverso lo studio e, in futuro, la “manipolazione” di sofisticate mappe neurali a sconfiggere malattie che colpiscono oggi nel mondo milioni di persone, dall’ictus all’Alzheimer, all’epilessia, al Parkinson. Si è visto, infatti, come sia possibile equiparare l’architettura del cervello a un grafo, un insieme di archi e nodi, dove i nodi sono rappresentati dalle regioni del cervello e gli archi dai ponti di connessione tra le aree stesse.
«Per connettività cerebrale si intendono le vie di comunicazione tra neuroni e gruppi di neuroni (diverse aree neurali)», dice Paolo Maria Rossini, direttore dell'Istituto di Neurologia dell'Università Cattolica Policlinico Agostino Gemelli di Roma. «La connettività studia la topografia e l’organizzazione di questi collegamenti che sono dinamici, cioè cambiano istante per istante per permettere il collegamento di due o più gruppi neuronali necessari per eseguire un determinato compito (motorio, sensitivo, emozionale, di memorizzazione etc). Questi collegamenti cambiano quindi la loro topografia e le loro caratteristiche con una velocità stratosferica misurabile in millesimi di secondo. Ovviamente, l’esperienza, il training e l’apprendimento sono in grado di modellare con il tempo alcune strutture di collegamento che rimangono più o meno fisse e stabili ma attorno a cui si articolano i collegamenti dinamici. È come se la nostra rete stradale fosse in grado di modellarsi (in termini di larghezza della strada e di numero di strade e quindi di capacità di gestire il flusso dei passaggi) in tempo reale sulla base del traffico».
Le applicazioni fisiologiche e cliniche dello studio del connettoma sono amplissime: dall’ictus all’epilessia, dall’Alzheimer al Parkinson. Anomalie della connettività neurale, infatti, sono legate a queste e altre malattie; più in generale non esiste una malattia del cervello che non abbia alla sua base una modifica patologica della connettività.
«È stato inoltre interessante osservare come il cervello femminile e maschile abbiano una differente architettura funzionale in termini di connettività in specifiche aree cerebrali», dice ancora Rossini.
In occasione del Meeting i neurologi dell’Università Cattolica e del Gemelli hanno presentato le ultime ricerche di mappatura delle topografie funzionali che si modulano nell’invecchiamento fisiologico, patologico del cervello (per esempio nelle demenze come la malattia di Alzheimer). Questi risultati hanno mostrato che non solo una patologia neurodegenerativa come l’Alzheimer provochi uno sbilanciamento nell’architettura delle connessioni cerebrali, ma anche come il cervello di un giovane si possa distinguere funzionalmente da quello di una persona anziana in cui le assemblee dei neuroni perdono le connessioni più lunghe e mantengono solo quelle più corte con altri gruppi neuronali vicini. «In qualche modo accade quello che caratterizza la vita della persona anziana che vede progressivamente restringersi il proprio mondo di relazioni (casa, chiesa, supermarket, negozi e centro anziani del quartiere)», spiega Rossini.
Tali tecniche di studio del connettoma hanno trovato applicazione anche in altre patologie neurologiche come nella predizione di una crisi epilettica anche fino a dieci secondi prima della manifestazione della stessa, nella identificazione di lesioni cerebrali come nei pazienti con ictus, nella rilevazione della fatica nei pazienti affetti da sclerosi multipla e nella valutazione della gravità di problemi cardiologici in soggetti con scompenso cardiaco.
Una delle ultime frontiere di applicazione di queste moderne tecniche di analisi consentono di mappare l’architettura cerebrale di specifiche aree cerebrali, come quelle sensorimotorie, che risultano corrotte nel paziente amputato , ma solo nell’emisfero opposto all’arto amputato, mentre permangono normali in quello opposto all’arto integro, permettendo inoltre di monitorare la plasticità di queste regioni durante la riabilitazione attraverso arti robotici sensorizzati.
Fonte: HD HealthDesk redazione, 29 Novembre 2016