Dall’analisi della letteratura emerge che il verdetto della comunità scientifica è tutt’altro che unanime. E c’è anche chi crede che non ci siano prove sufficienti per condannarlo
Potevamo aspettarcelo per il cioccolato, il vino, le uova, ma sul sale non sembravano esserci dubbi. Molti alimenti vengono condannati e riabilitati periodicamente: alcuni, demonizzati per anni, diventano all’improvviso innocui o addirittura salutari. Ma poche certezze sembravano così condivise come gli effetti negativi sulla salute di una dieta salata: non a caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda agli adulti di non superare i due grammi di sale al giorno per evitare l’aumento della pressione e le ben note conseguenze sul sistema cardio vascolare.
Eppure un gruppo di ricercatori della Columbia University viene oggi a dirci che il verdetto della comunità scientifica non è affatto unanime, che prevalgono le condanne ma che il numero delle assoluzioni è piuttosto consistente. La “giuria” degli esperti risulta così divisa: il 54 per cento è convinto che il sale faccia male e che ne vada diminuito il consumo, il 33 per cento ritiene invece che i benefici della riduzione non sono dimostrati, mentre il 13 per cento non giunge a nessuna conclusione.
Il quadro emerge dall’analisi di 269 studi pubblicati tra il 1979 e il 2014, tra ricerche originali, meta analisi, linee guida cliniche, dichiarazioni di consenso, commenti, lettere e review. I ricercatori hanno diviso tutto il materiale in tre categorie: quella a favore della tesi che collega il sale all’aumento di alcune patologie come l’ictus e le malattie cardiache, quella che contesta questo legame e quella che dichiara di non avere elementi sufficienti per abbracciare né l’una o né l’altra causa. Non si può negarlo, questa review pubblicata sull’International Journal of Epidemiology ha tolto un po’ di autorevolezza ai mantra di tutti i medici che ripetono di mangiare sciapo e ai rigidi consigli dell’OMS. Ma è andata anche oltre: ha mostrato il meccanismo con cui si “fabbricano” certe convinzioni scientifiche mettendo a nudo alcuni vizi degli scienziati, troppo spesso ostinati difensori delle loro convinzioni.
Nel caso della diatriba sul sale, gli autori delle due fazioni opposte, infatti, citano nei loro studi solamente chi ha ottenuto risultati simili ai loro, ignorando chiunque possa mettere in discussione la loro tesi. Tirando le somme di tutto il materiale esaminato, i ricercatori della Columbia University si sono anche resi conto che le firme che girano sulle riviste specializzate sono sempre le stesse, pochi autori e molto prolifici. Ognuno dei quali tira acqua al proprio mulino, togliendone altrettanta alla ricerca della verità scientifica: «Ogni scuola di pensiero è guidata da pochi autori prolifici con la tendenza a citare altri ricercatori che condividono il loro punto di vista, con poca collaborazione con l’altra parte», commenta David Johns che ha partecipato allo studio.
E tra i “peccati” che uno scienziato può compiere, la rigidità di vedute, dicono Johns e i colleghi, è grave tanto quanto il conflitto di interesse finanziario. Se non di più.
Fonte: HD HealthDesk, Giovanna Dall’Ongaro, 23 Febbraio 2016