Sono sempre più le malattie croniche che già oggi si stima colpiscano otto over 65 su dieci e costino, a livello globale, qualcosa come 700 miliardi di euro. E nel nostro Paese gli ultrasessantacinquenni sono un quinto dell'intera popolazione
Scompenso cardiaco, insufficienza respiratoria, disturbi del sonno, diabete, obesità, depressione, demenza, ipertensione, ipercolesterolemia: tutte malattie croniche che colpiscono l’80% delle persone oltre i 65 anni e, con il progressivo invecchiamento della popolazione, diventeranno sempre più la principale causa di morbilità, disabilità e mortalità. Già oggi, d'altronde, si stima che le malattie croniche siano responsabili dell'86% delle morti a livello mondiale e costino 700 miliardi di euro. E si prevede che nel 2020 rappresenteranno l’80% di tutte le patologie nel mondo.
Nel nostro piccolo, come sappiamo, siamo tra i Paesi più anziani del pianeta, con una percentuale di over 65 sul totale della popolazione pari al 21,2%. Con circa due milioni e 600 mila anziani che vivono in condizione di disabilità, mentre il 51% della spesa per i ricoveri ospedalieri è attribuita proprio alla fascia di età over 65.
Dell'argomento si è parlato venerdì 17 febbraio a Roma in occasione del convegno Il paziente al centro - La gestione integrata della cronicità, organizzato con il contributo non condizionante di MSD nell’ambito del progetto “Insieme per il cuore”. Al centro del dibattito, in particolare, il Piano nazionale della cronicità messo a punto dal Ministero della Sanità. Con un focus particolare su due patologie: il diabete, una delle malattie croniche a più rapida crescita, che in Italia colpisce circa 3.600.000 di persone; e le sindromi coronariche acute che ogni anno colpiscono circa 135 mila italiani di cui due terzi superano l'infarto e diventano a tutti gli effetti pazienti cronici a rischio cardiovascolare elevato.
Il Piano delle cronicità «è una risposta ai bisogni di salute delle persone con malattia cronica – spiega Paola Pisanti, della Direzione della programmazione sanitaria del Ministero - e propone obiettivi, strategie e strumenti volti a superare i problemi riscontrati in termini di prevenzione e promozione della salute, riorganizzazione delle cure primarie, integrazione delle reti assistenziali, integrazione tra diversi livelli di assistenza e integrazione socio-sanitaria, nel rispetto delle disponibilità delle risorse economiche, umane e strutturali del nostro Paese».
«Alla base delle principali malattie croniche – ricorda Walter Ricciardi, presidente dell'Istituto superiore sanità - ci sono fattori di rischio comuni e modificabili quali una dieta non sana, una scarsa attività fisica, l’eccesso di peso, il consumo di tabacco e di alcol. Il Piano nazionale della Cronicità sottolinea l’importanza della prevenzione sia primaria che secondaria e fornisce indicazioni per contribuire al miglioramento della qualità di vita e di cura delle persone con malattie croniche».
Secondo Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, con il Piano della cronicità «si passa finalmente da una medicina d’attesa a una medicina d’iniziativa. Si punta alla cura integrata, ovvero all’idea che la presa in carico debba essere globale, a 360 gradi, e che il paziente deve essere al centro di tutto». Per Gaudioso, però, «occorre semplificare la burocrazia e assicurare un accesso ai servizi continuativo.
Servono inoltre trasparenza e velocizzazione dell’accesso all’innovazione, altro tema tanto delicato. Nel momento in cui le evidenze scientifiche dimostrano l’efficacia e la sicurezza dei nuovi farmaci la loro approvazione, registrazione, rimborsabilità e accesso – conclude - dovrebbero essere rese quanto più veloci possibile».
Per sostenere il peso della cronicità nel lungo termine, la “ricetta” proposta da Nicoletta Luppi, presidente e amministratore delegato di MSD Italia, dovrebbe prevedere «il potenziamento del finanziamento pubblico del Servizio sanitario nazionale, un adeguato investimento in prevenzione anche attraverso i vaccini, la riduzione degli sprechi e l’apertura a forme di sanità integrativa». Il tutto, inoltre, dovrebbe passare «attraverso una nuova governance secondo una visione olistica, un concetto di innovazione che sia allineato con le diverse priorità della sanità pubblica e una vera partnership tra tutti gli attori coinvolti – conclude Luppi - per garantire anche al nostro Paese un invecchiamento attivo e in buona salute».
Fonte, HD HealthDesk, redazione, 19 febbraio 2017