Novità scientifiche

Salute on line: l'algoritmo non dice sempre il vero

27 Gennaio 2017

Secondo un recente sondaggio, nove italiani su dieci cercano in internet informazioni sulla salute. Ma quasi la metà non si rende conto del rischio di prendere per vere cose che non lo sono. Arriva un decalogo con i suggerimenti per cercare di evitare le bufale

Quando a un motore di ricerca internet chiediamo di trovare informazioni su salute e malattie non dimentichiamo che i suoi risultati non sono le “tavole della verità” e che vanno sottoposti al vaglio di una valutazione critica.

È una delle prime regole da seguire quando ci rivolgiamo al web, ma purtroppo è anche una regola troppo spesso ignorata o trascurata.

Questo ci dice un sondaggio presentato giovedì 26 gennaio a Roma in occasione di un incontro dal titolo “E-Health. Tra bufale e verità: le due facce della salute in rete”, promosso da IBSA Foundation for Scientific Research insieme a Cittadinanzattiva.

Secondo i risultati dell'indagine (su un campione di 802 persone maggiorenni che utilizzano il web) più dell'88% degli italiani, che sale al 93,3% tra le donne, consulta internet quando è interessato a informazioni sulla salute. Purtroppo, però, il 44% ritiene che rivolgersi alla rete sia poco o per nulla rischioso e si affida ai primi risultati restituiti dai motori di ricerca senza riflettere sull'attendibilità delle fonti; con una differenza rilevante tra i 18-24enni (55% del campione) e gli ultra65enni (appena 22,7%).

Incrociando i dati della frequenza di utilizzo del web nella ricerca di informazioni e il grado di fiducia nella rete stessa, risulta che gli intervistati della fascia di età 24-34 anni usano intensamente il web come “supporto” delle loro ricerche, ma sono più diffidenti rispetto ai 45-54enni. Diffidenti a priori (usano poco il web e lo percepiscono come fonte “ad alto rischio”) sono invece gli ultra65enni. Ma il dato più allarmante è probabilmente quello relativo alle “bufale” in rete e sui social network: quasi la metà degli intervistati non sembra preoccuparsene.

Notevoli le differenze sull’uso della rete anche rispetto al titolo di studio: vi ricorre il 96% dei laureati e appena il 24,5% di chi non è andato oltre la licenza elementare.

«Abbiamo condotto questa indagine e promosso il workshop perché riteniamo importante alimentare il dibattito su questo tema e indagare su ciò che può essere fatto per migliorare la cosiddetta Health Literacy o Cultura della salute» spiega Silvia Misiti, direttore della IBSA Foundation. «L’enorme possibilità offerta dalla rete in tema di disponibilità di informazioni – prosegue - può trasformarsi in un pericolo se gli utenti non sono in grado di valutare l’affidabilità di quello che trovano. Questo è tanto più vero quanto più sono delicate le aree oggetto delle ricerche».

Una maggiore consapevolezza dei rischi connessi all’uso di internet e migliori conoscenze di base sulla salute potrebbero contribuire a responsabilizzare gli utenti della rete, a cominciare da una riflessione sulle fonti: «È soprattutto quando il cittadino è a caccia di informazioni sulla salute sul web che le nozioni di base diventano l’unica

“arma” per difendersi da informazioni parziali o scorrette - avverte infatti Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva – ma quando parliamo di Health Literacy non ci riferiamo solo a questo: maggiori competenze significa anche un migliore rapporto tra medico e paziente. Un circolo virtuoso che spesso si traduce in una terapia più efficace e, quindi, una salute migliore. È una “materia” di cui in Italia si parla ancora poco – conclude - ma che ha e avrà una rilevanza sempre maggiore».

Un “decalogo” per difendersi dalle bufale in rete

Il workshop romano è stato l'occasione per presentare una serie di indicazioni e consigli per imparare a difendersi dalle informazioni incomplete o false che circolano in rete, ma anche per migliorare la comunicazione tra medico e paziente. È stato elaborato per essere utilizzato da tutti, ma può essere particolarmente utile ad alcune categorie di persone, come per esempio gli anziani (meno “smaliziati” rispetto alle possibili “trappole” del web) e i giovani genitori che, alle prese con le tante problematiche che si incontrano nei primi anni di vita di un bambino, si rivolgono al web alla ricerca di informazioni e di consigli.

Fonte: HD HealthDesk - redazione -   26 gennaio 2017

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