di Mario Muto (direttore UO Neuroradiologia ospedale Cardarelli di Napoli, consigliere della Società europea di Neuroradiologia)
Il trattamento precoce dell'ictus ischemico è fondamentale per riuscire ad evitare qualsiasi danno motorio a pazienti, spesso anche giovani, affetti da una occlusione di una arteria cerebrale o per ridurre il loro grado di disabilità.
Quando un'arteria si occlude, il principale obiettivo terapeutico è quello di ottenere in qualsiasi maniera una riapertura del vaso per rivascolarizzare quella parte di cervello, prima che la mancanza di ossigeno presente nel sangue lo danneggi completamente. Si è svolta oggi a Napoli, presso il Centro di Biotecnologie dell'Ospedale Cardarelli una giornata di studi e riflessione, organizzata dall'Associazione ALICe Onlus (Associazione per la Lotta all'Ictus Cerebrale), e coordinata dal sottoscritto e dal Dott. Giuseppe Russo, che vuole mettere in luce i dati della regione Campania sull'ictus ischemico-emorragico in regione Campania, confrontandolo con i dati di regioni virtuose come Toscana, Emilia, Romagna, Veneto e Lombardia, e cercando di comprendere le motivazioni di tali differenze.
L'ictus è un'emergenza, pertanto la persona con un sospetto ictus deve ricevere il prima possibile le cure più adatte. E' perciò fondamentale essere trasportati con urgenza nell'ospedale più vicino, possibilmente dotato di un centro organizzato per l'emergenza ictus, cioè l'Unità Urgenza Ictus o Stroke Unit.
Queste Unità sono composte da un team di professionisti
multidisciplinari (sia medici sia infermieri) che conoscono il problema e sono
in grado di trattarlo con gli strumenti più idonei.
Confronti fra dati di diversi studi condotti in diversi Paesi, hanno rilevato
che con questa modalità gestionale si riducono statisticamente sia la mortalità
sia il grado di invalidità di chi ha subito un ictus, indipendentemente dalla
gravità e dall'età di chi è colpito.
Essenziale è cercare di far arrivare la persona nella struttura specializzata quanto prima in modo che esegua subito gli esami, la Tac in particolare, per capire se l'ictus è stato determinato da un'ischemia o da un'emorragia.
Quando un'arteria si occlude, il principale obiettivo
terapeutico è quello di ottenere in qualsiasi maniera una riapertura del vaso
per rivascolarizzare quella parte di cervello.
Dal 1996 ci si è avvalsi esclusivamente di farmaci per cercare di ottenere
questa riperfusione cerebrale, ma recentemente (febbraio 2015) sono stati
pubblicati dati scientifici molto importanti su riviste internazionali che
hanno dimostrato come l'associazione della terapia endovascolare con quella
endovenosa o la sola terapia endovascolare con trombectomia o
trombo-aspirazione siano in grado di assicurare risultati migliori rispetto
alla sola terapia farmacologica (studi ESCAPE, MR CLEAN, EXTEND IA e SWIFT
PRIME).
In questi studi viene ribadito ancora una volta l'importanza della precocità del trattamento, la necessità di istituire centri di riferimento regionali e la riorganizzazione dei percorsi assistenziali per il trattamento precoce della ischemia cerebrale.
Non è pensabile che tutti i centri ospedalieri siano in grado di fornire lo stesso livello di assistenza e per tale motivo sono stati identificati centri Stroke di I e II livello.In realtà è a tutti ben noto che già da alcuni anni sono stati svolti lavori di commissioni regionali multidisciplinari sullo Stroke che comprendono il 118, infermieri di accettazione, medici di accettazione, neurologi, neurochirurghi, neuroradiologi , anestesisti-rianimatori, e riabilitatori.
L’avviamento di un sistema organizzativo per il trattamento precoce dello stroke ischemico-emorragico non può considerarsi un'operazione a costo 0, ma in realtà i maggiori costi iniziali per un percorso formativo di tutte le figure professionali, l'informazione ai cittadini ed una maggiore necessità di risorse umane viene bilanciato da un netto risparmio a valle in termini di minore necessità di assistenza domiciliare infermieristica post-ictus, minori ripercussioni psicologiche con pazienti che ritornano autosufficienti ed in grado di tornare al lavoro.
È quindi auspicabile che quanto prima i decisori politici si rendano conto che non è più possibile attendere la attuazioni di programmi assistenziali condivisi ed approvati dagli specialisti del settore nell'interesse di tutta la collettività.
Fonte: articolo di Mario Muto su Sanità 24 (www.ilsole24ore.com) 6 giugno 2015