L’Italia ha almeno due record: il minor numero di posti nelle residenze sanitarie assistenziali e il maggior numero di “badanti”
Un milione e mezzo di “badanti”: un primato mondiale del quale probabilmente non è il caso di menar vanto. Anche perché è la conseguenza più o meno diretta di un altro paio di record dei quali, invece, sicuramente non possiamo vantarci: 400 mila letti nelle RSA, le Residenza Sanitarie Assistenziali (che coprono circa il 3,5% degli over 65, mentre nessun Paese europeo si attesta sotto al 7%) e le prestazioni domiciliari, che garantiscono servizi a meno del 2% degli ultrasessantacinquenni (nessuno in Europa scende sotto l’8%).
Fenomeni socio-sanitari, demografici e culturali sui quali “Italia Longeva” ha proposto una riflessione organica e strutturata, riunendo mercoledì 11 giugno all’Università Cattolica di Roma, tutti gli attori coinvolti nell’analisi, nel supporto e nella gestione dell’assistenza familiare per commentare la “fotografia” aggiornata,anche grazie ai dati presentati dall’Istat e dal Censis, dell’assistenza familiare in Italia.
«I nonni italiani – ha osservato Roberto Bernabei, presidente di “Italia Longeva” e direttore del Dipartimento di Geriatria, Neuroscienze e Ortopedia dell’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma – nella maggior parte dei casi hanno ancora un’abitazione di proprietà, nella quale i loro figli, anche in risposta alle carenze dei servizi, scelgono di continuare ad assisterli grazie al supporto di un vero e proprio esercito di assistenti familiari, non sempre in regola e non sempre adeguatamente preparati. Riguardato dal punto di vista del sistema è una sorta di servizio socio-sanitario parallelo, garantito da operatori della cui formazione nessuno sembra preoccuparsi abbastanza».
Al contrario, l'Università Cattolica di Roma, attraverso il Centro di Ricerca, Promozione e Sviluppo dell’Assistenza Geriatrica (CEPSAG) ha avviato da anni un progetto di professionalizzazione della figura dell’assistente familiare: migliaia di “badanti”sono stati formati al Policlinico Gemelli: «una goccia nell’oceano a fronte del milione e mezzo di assistenti familiari presenti in Italia – ammette Bernabei - e tuttavia sufficiente a ricordare a tutti che le conoscenze di un semplice collaboratore domestico non possono essere le stesse richieste ad una persona impegnata a prendersi cura di un anziano, magari non del tutto autonomo o comunque affetto da diverse cronicità. C’è poi la questione sociologica e previdenziale: che prospettive hanno i “badanti” che lavorano in Italia, non sempre in regola e spesso sprovvisti di un titolo che riconosca e certifichi la loro professionalità? Torno a sottolineare che parliamo di circa un milione e mezzo di lavoratori, in molti casi stranieri, che quindi impongono una riflessione anche di carattere sociale: quale sarà il destino dei loro figli? E chi assisterà i nostri assistenti familiari, quando a loro volta invecchieranno?».
Fonte: HD HealthDesk Redazionegiovedì 12 giugno 2014