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Natalia Aspesi, 93 anni, colpita da ictus: «Scusate se per una volta scrivo di me»

La grande giornalista parla di quanto le è accaduto nella sua rubrica «Questioni di cuore»: dieci giorni priva di conoscenza, poi la ripresa. «Non sarò più come prima. Ma invece spero proprio di sì...»

08 Marzo 2023

«Me ne scuso subito, ma per una volta non vorrei rispondere direttamente a queste tre belle lettere che ho ricevuto. Per una volta scriverei – addirittura! – di me». Così la grande giornalista Natalia Aspesi, 93 anni, ha scelto di raccontare ai suoi affezionati lettori, nella rubrica «Questioni (non solo) di cuore» su Il Venerdì di Repubblica di giovedì 2 marzo, del suo recente grave problema di salute: un ictus che l'ha colpita e costretta al ricovero in ospedale.

Aspesi inizia la sua confidenza proprio parlando dell'arrivo dei soccorritori del 118 in divisa rossa: «C'è un giovanotto grandioso in divisa vistosa che vuole portarmi con sé, ma a me non sembra una persona degna di questo compito. Prima di me ce ne sono altre, prima di me ce ne sono altre, mi dico...».

Aspesi continua accennando ai dieci giorni di cui non ricorda quasi nulla: «Sono passati dieci giorni - o forse un po' di più - e a me non parevano, forse uno, forse due, ma dieci giorni... scomparsi... per sempre...». Poi il risveglio e la diagnosi: «Lo sapevi che era un ictus? Lo sapevi che si chiamava ictus? Beh, poi non sei più quella di prima e quando te lo raccontano allora sì che non è più come prima».

Infine, le confidenze su come si sente oggi la giornalista, che è tornata coraggiosamente al lavoro alla sua scrivania: «Tutti a dirti che brava, come ti stai riprendendo... ma quello che penso è che non sarà mai più come prima. Mai più come prima. Mai più. Lo penso, e nello stesso tempo mi dico che non è così. Perché io so che ci sto mettendo tutta la mia forza, e mi sforzerò di superare questa cosa». Aspesi accenna alla difficoltà che incontra nel mettersi al lavoro: «Leggo le vostre lettere, le lettere sono sfumate, non sono mie, mi appartengono e non sono mie», «i progetti si scolorano e perdono senso». La conclusione però è improntata a grande speranza: «Ma sono qui alla mia scrivania, e qui voglio sforzarmi, un giorno dopo l’altro spero, con accanimento, di trovare la via facile, come per il passato».

Se non fosse poco «aspesiano», ci si potrebbe addirittura lasciar abbracciare da un velo di ottimismo: Natalia Aspesi è tornata. Con la sobrietà di poche righe affidate in chiusura dell’ultima sua posta del cuore sul «Venerdì» di Repubblica, la giornalista 93enne ha dato un nome al silenzio (intermittente) della sua rubrica nelle ultime settimane. «Lo sapevi che era un ictus? Lo sapevi che si chiamava ictus?», ha scritto.

La risposta ai lettori

Se non fosse poco affine alla sua leggendaria asciuttezza, ci si potrebbe persino commuovere. Ma Aspesi, anche in questo cenno di «ben ritrovati» ai lettori di «Questioni (non solo) di cuore» ha voluto ricordare prima di tutto di essere una giornalista e così ha premesso: «Per una volta, scriverei — addirittura! — di me». Ecco quindi spiegata la discontinuità della rubrica. Il 3 febbraio scorso l’avevamo lasciata mentre assestava una amorevole staffilata a Oscar Manzoni, uno dei suoi interlocutori, che nella lettera si era rivolto a lei con un fare vagamente paternalistico parlando del #metoo.

La nebbia

Poi, la settimana dopo, niente doppia pagina, ma solo due righe per avvisare che la giornalista si sarebbe presa una pausa. In seguito, nulla fino al 24 febbraio, quando la rubrica è riapparsa e infine eccoci a venerdì scorso, quando Aspesi ha deciso di raccontare quello che è successo. A modo suo, rievocando con ironia l’arrivo dei soccorritori: «C’è un giovanotto grandioso in divisa vistosa che vuole portarmi con sé, ma a me non sembra una persona degna di questo compito. Prima di me ce ne sono altre, prima di me ce ne sono altre, mi dico...». Quindi il racconto della nebbia, del non ricordo: «Sono passati dieci giorni — o forse un po’ di più — e a me non parevano, forse uno, forse due, ma dieci giorni... scomparsi... per sempre...». La diagnosi, per quella che è stata tra i fondatori di Repubblica, è stata ictus.

In miglioramento

Aspesi si trovava nella sua abitazione di Milano quando si è sentita male. La corsa in ospedale, quindi il ricovero. Ora si trova a casa, parla normalmente con amici e colleghi al telefono e si sta riprendendo. Nella rubrica, dopo il cenno al coma, ecco il risveglio e la consapevolezza, perché, come annota la firma di costume e cultura: «Poi non sei più quella di prima e quando te lo raccontano allora sì che non è più come prima». Famosa per le sue risposte affilate e per la sottile perfidia che mette quando interviene nelle faccende sentimentali, la giornalista qui però ha voluto concedersi un’autentica questione di cuore, accennando alla propria fragilità e a quella che attecchisce nelle persone colpite da un male: «Tutti a dirti che brava, come ti stai riprendendo... ma quello che penso è che non sarà mai più come prima. Mai più come prima. Mai più. Lo penso, e nello stesso tempo mi dico che non è così. Perché io so che ci sto mettendo tutta la mia forza, e mi sforzerò di superare questa cosa».

Il messaggio di speranza

E in questa rara incursione nei sentimenti personali, la scrittrice che tante volte nei suoi libri ha indagato con distacco i cambiamenti sociali, le controversie culturali del nostro tempo, ha voluto concedersi una promessa, forse addirittura una speranza: «Leggo le vostre lettere, le lettere sono sfumate, non sono mie, mi appartengono e non sono mie, le vivo su di me e non sono d’altri, i progetti si scolorano e perdono senso. Ma sono qui alla mia scrivania, e qui voglio sforzarmi, un giorno dopo l’altro spero, con accanimento, di trovare la via facile, come per il passato». E per una donna nata nel 1929 è una questione non solo di cuore, ma anche e soprattutto di fibra.

Natalia Aspesi, 93 anni, grande giornalista italiana, ha deciso di condividere con i suoi lettori ciò che le accaduto e lo ha fatto con queste parole sulla sua pagina del Venerdì di Repubblica: “Me ne scuso subito, ma per una volta non vorrei rispondere direttamente a queste tre belle lettere che ho ricevuto. Per una volta scriverei – addirittura! – di me”.

E’ stata colpita da un ictus e quindi costretta al ricovero in ospedale. Il suo racconto inizia con l’arrivo dei soccorritori del 118, il risveglio e la diagnosi. Dei 10 giorni di black out non ricorda nulla: “Sono passati dieci giorni - o forse un po' di più - e a me non parevano, forse uno, forse due, ma dieci giorni... scomparsi... per sempre...”.

La presa di coscienza di ciò che le era successo arriva con la diagnosi: “Lo sapevi che era un ictus? “e capire quindi che Beh, poi non sei più quella di prima e quando te lo raccontano allora sì che non è più come prima”.

E ai suoi lettori confessa le sue sensazioni attuali su come si sente adesso che ha ripreso a lavorare: “Tutti a dirti che brava, come ti stai riprendendo... ma quello che penso è che non sarà mai più come prima. Mai più come prima. Mai più. Lo penso, e nello stesso tempo mi dico che non è così. Perché io so che ci sto mettendo tutta la mia forza, e mi sforzerò di superare questa cosa”.

La Aspesi parla anche delle difficoltà che incontra. Di come il mondo intorno le sembri sfumato, senza colore. Ma è anche animata da una grande fiducia e speranza: ”Ma sono qui alla mia scrivania, e qui voglio sforzarmi, un giorno dopo l’altro spero, con accanimento, di trovare la via facile, come per il passato”.

Una testimonianza di come si possa reagire, con tutti i problemi contingenti e non eludibili, ad un evento come quello di un ictus e come lo si possa fare a qualsiasi età.

A.L.I.Ce. Italia ODV

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