MEDICI E PAZIENTI - Anche le parole possono curare
Oltre alle medicine, il medico avrebbe un'importante arma contro le malattie: le proprie parole. Sì: avrebbe. Perché, purtroppo, sono troppo pochi i camici bianchi che sembrano capaci di usarle o di volerle usare: solo uno su cinque, infatti, è un medico “amico”. Così, almeno, dicono gli specialisti riuniti a Roma fino al 12 ottobre per il congresso nazionale della Società italiana di medicina interna (Simi). Sono troppo pochi, dicono, i medici che hanno capito l'importanza dell'empatia: appena il 22% instaura un buon rapporto coi malati, spesso perché non ne ha neppure il tempo, visto che una visita dura in media nove minuti e già dopo venti secondi di dialogo il paziente viene interrotto. Ci sono studi che confermano che le parole del medico possono curare come le medicine: un rapporto empatico con il paziente riduce di quattro volte il rischio di ricoveri e aumenta del 34-40% la probabilità di tenere sotto controllo ipercolesterolemia, diabete e rischio cardiovascolare, riducendo il pericolo di complicanze e perfino lo stress generato dagli esami clinici. Ma anche sugli stessi camici bianchi avrebbe effetti positivi: l'empatia in ambulatorio, aiutando a costruire un rapporto di maggior fiducia, taglierebbe le denunce per malpractice e ridurrebbe il pericolo di sindrome da “logoramento in corsia”.
«Pochi pazienti vedono appagato il loro desiderio di dialogo col medico – sostiene Gino Roberto Corazza, presidente Simi – che spesso è troppo frettoloso o “assente”: in media guarda lo schermo del pc o dello smartphone anziché la persona che ha davanti per i due terzi del già scarso tempo della visita. Ascoltare le ragioni e le emozioni del paziente è invece il punto di partenza fondamentale per avere una visione più ampia e circostanziata della patologia e porre una miglior diagnosi, per prescrivere esami e terapie più adeguate che poi saranno seguite con maggior convinzione e attenzione».
La buona notizia è che l'empatia non è una semplice “emozione”, ma un evento cognitivo che può e deve essere insegnato e acquisito. Per questo la Simi ha proposto di inserire nel percorso di laurea in Medicina un modulo di Scienze umane. «L'obiettivo – precisa Franco Perticone, presidente eletto Simi - è approfondire temi come bioetica o psicologia clinica attraverso seminari, didattica teorico-pratica a piccoli gruppi ed esperienze “sul campo” in reparti e ambulatori. Questo potrà insegnare ai futuri medici come ascoltare i malati e recepire i loro segnali di disagio emotivo, per migliorare il rapporto medico-paziente a tutto vantaggio di entrambi».
Fonte: Redazione HD HEALTHDESK 12 OTTOBRE 2015