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Maggio 2013: La terapia antiaggregante

terapie antiaggreganti

01 Maggio 2013

I farmaci antiaggreganti, detti anche farmaci antiaggreganti piastrinici o, più semplicemente farmaci antipiastrinici, sono una categoria di farmaci in grado di interagire negativamente con la funzione di aggregazione piastrinica, prevenendo così la formazione di trombi ed emboli di origine trombotica.
I farmaci antipiastrinici possono agire attraverso tre meccanismi:
  1. Interazione con recettori piastrini per sostanze prodotte all'esterno delle piastrine, come quelli il collageno, la trombina, alcune prostacicline e le catecolamine.
  2. Interazione con recettori piastrinici per sostanze prodotte all'interno delle piastrine come l'ADP, la serotonina e le prostaglandine D2 e E2.
  3. Interazione con recettori piastrinici per sostanze prodotte all'interno delle piastrine come il trombossano A2, cAMP, cGMP e gli ioni calcio.
 L'Antiplatelet Trialists' Collaboration ha provveduto a una prima metanalisi, pubblicata nel 1988 di tutti gli studi condotti con antiaggreganti piastrinici (ASA, sulfinpirazone, dipiridamolo) in pazienti con TIA, ictus, angina instabile o infarto del miocardio. Questa metanalisi - che ha raccolto i risultati di 25 studi per un totale di circa 29.000 pazienti - ha mostrato una riduzione del 25% di eventi vascolari (ictus, infarto miocardico, morte da cause vascolari) e del 15% di morti per causa vascolare in favore della terapia antiaggregante, qualunque farmaco fosse considerato e qualunque delle quattro patologie citate fosse stata alla base dell'inclusione nello studio
In particolare è stata evidenziata una riduzione del 27% del rischio di ictus non fatale. In termini assoluti, la terapia antiaggregante consente di evitare 10 morti per causa vascolare e 20 eventi vascolari non fatali ogni 1.000 pazienti trattati per un periodo di circa due anni dimostrando come, nella prevenzione secondaria degli eventi ischemici, sia necessario trattare 100 pazienti a rischio per evitare una morte o 2 eventi vascolari.
L'ultima metanalisi del 2002 dell'Antithrombotic Trialist's Collaboration, che riguarda 287 studi, ha confermato l'efficacia degli antiaggreganti piastrinici per la prevenzione di eventi vascolari gravi (morte vascolare, infarto miocardico e ictus non fatali) pur registrando un lieve calo della percentuale essendo del 22% in confronto al 27% della metanalisi del 1988. La prevenzione dell'ictus non-fatale, nella terapia a lungo termine, ha evidenziato una riduzione del 25%, valida per pazienti ad alto rischio per la malattia delle arterie in qualsiasi distretto oltre che per la fibrillazione atriale. La revisione conferma la maggiore efficacia delle dosi di ASA tra 325 e 75 mg al giorno, e considera non ancora convincenti le dosi inferiori a 75 mg
I farmaci maggiormente utilizzati sono: aspirina, il clpoidogrel, la ticlopidina, il dipiridamolo, cilostazolo, abciximab, l’ integrelina ( Eptifibade) ed il Tirofiban.
La dose di aspirina approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) è di 325 mg/die. A tali dosaggi, l'aspirina inibisce la produzione di trombossano A2 per inibizione irreversibile della ciclossigenasi-1 piastrinica. Tale inibizione avviene per cessione del gruppo acetifico dall'acido acetilsalicilico alla ciclossigenasi. Il clopidogrel e la ticlodipina agiscono invece inibendo la via innescata dal legame ADP-recettore. Il dipiridamolo (un vasodilatatore) inibisce la captazione di adenosina e l'attività delle fosfodiesterasi del cGMP. Il cilostazoso inibisce le fosfodiesterasi e possiede un'attività vasodilatatrice analoga al dipiridamolo. Entrambi questi farmaci possiedono effetti avversi come:nausea, dispepisa, diarrea, emorragie, leucopenia
In taluni casi è stata documentata la comparsa di porpora trombotica trombocitopenica. L'abciximax è un anticorpo monoclonale chimerico anti recettore piastrinico GP IIB/IIIA. l'integrelina e tirofiban sono analoghi della sequenza carbossi-terminale del collageno.
Ma analizziamo i farmaci antiaggreganti e cerchiamo di conoscerli meglio:

ASPIRINA ® Acido acetilsalicilico
ASPIRINA ® è uno dei farmaci antinfiammatori non steroidei più adoperato in ambito clinico e capostipite di una famiglia farmaceutica nota con il nome di salicilati.
L'acido acetilsalicilico, principio attivo di ASPIRINA ®, è quindi una molecola ottenuta sinteticamente dall'acido salicilico.  Assunto per via orale questa principio attivo viene assorbito al livello della mucosa gastrica ed intestinale e quindi distribuito rapidamente al livello epatico, dove grazie all'azione di alcuni enzimi noti come esterasi, viene convertito in acido salicilico.
E' proprio questa molecola, che raggiungendo i vari tessuti, espleta la propria azione terapeutica inibendo irreversibilmente le ciclossigenasi, e determinando pertanto una sensibile riduzione delle concentrazioni di prostaglandine, mediatori chimici coinvolti nella genesi del processo infiammatorio e dotati di attività vasopermeabilizzante, vasodilatatrice e chemotattica.
Le suddette modalità d'azione si manifestano macroscopicamente con l'effetto antinfiammatorio, antidolorifico e in minima parte anche antipiretico, grazie all'azione controregolatoria esercitata nei confronti di alcune citochine e prostaglandine dotate di attività pirogena.
Terminata la propria attività l'acido salicilico viene opportunamente metabolizzato al livello epatico, principalmente attraverso processi di coniugazione e glucoronazione, per poi essere successivamente escreto per via renale

ASPIRINETTA ® Acido acetilsalicilico
Studi dimostrano inoltre, come l'acido acetilsalicilico assunto a dosaggi inferiori ai 300 mg, possa agire selettivamente al livello piastrinico, riducendo l'espressione di trombossano A2, responsabile di una potente azione pro aggregante piastrinica e vasocostrittrice
L'utilizzo di ASPIRINETTA ®, soprattutto per pazienti in età pediatrica, dovrebbe essere supervisionata dal proprio pediatra e limitata ai casi di reale necessità.
Al fine di minimizzare i numerosi effetti collaterali previsti, sarebbe opportuno assumere il farmaco a stomaco pieno, utilizzando le dosi minime efficaci, in grado di garantire un miglioramento della sintomatologia. 
GRAVIDANZA ED ALLATTAMENTO
Nonostante i bassi dosaggi di acido acetilsalicilico contenuti in ASPIRINETTA ®, l'utilizzo di questo medicinale è controindicato nelle donne in gravidanza.
Tale controindicazione è sostenuta da numerose evidenze che dimostrano come assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei durante la gravidanza, possa aumentare il rischio di malformazioni fetali e aborti indesiderati, compromettendo il normale processo differenziativo e proliferativo delle varie cellule
Controindicazioni ASPIRINETTA ® Acido acetilsalicilico
L'assunzione di ASPIRINETTA ® è controindicata in caso di ipersensibilità al principio attivo o ad uno dei suoi eccipienti, angioedema, ulcera peptica, anamnesi positiva per sanguinamenti intestinali, colite ulcerosa, morbo di Crohn o storia pregressa per le stesse patologie, sanguinamento cerebrovascolare, diatesi emorragica o concomitante terapia anticoagulante, insufficienza renale, insufficienza epatica, asma, ipofosfatemia ed infezioni virali.
Effetti indesiderati
Nonostante i bassi dosaggi di acido acetilsalicilico presenti in ASPIRINETTA ® consentano di ridurre sensibilmente l'incidenza e la gravità dei vari effetti collaterali, è utile ricordare come l'utilizzo prolungato nel tempo di farmaci antinfiammatori non steroidei, possa facilitare la comparsa di condizioni patologiche a carico di: 
  • Apparato gastrointestinale, sottoposto all'azione irritativa diretta ed indiretta dell'ASA che si manifesta con bruciore, gastralgie, nausea e vomito, stipsi e nei casi più gravi ulcere ed emorragie;
  • Sangue, nel quale si osserva un allungamento significativo del tempo di sanguinamento, solo raramente associato anche a pancitopenia;
  • Sistema genito-urinario, caratterizzato da un progressivo deterioramento della funzionalità renale;
  • Apparato tegumentario colpito da eritema nodoso, rash, dermatiti e reazioni bollose nei casi più gravi;
  • Sistema Sensoriale interessato da calo dell'udito e oftalmopatie;
  • Controllo Metabolico, con alterazioni soprattutto a carico del metabolismo glucidico;
  • Sistema Nervoso centrale con cefalea, insonnia, sonnolenza, confusione e tremori;
  • Apparato cardiovascolare associato ad un maggior rischio di eventi cerebro e cardiovascolari.
L'utilizzo dell'aspirina nella prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari è ormai concordemente accettato e non vi sono dubbi che gli effetti benefici in termini di prevenzione della trombosi coronarica: dopo infarto del miocardio, in caso di angina pectoris instabile, angina stabile cronica ed in pazienti con fattori di rischio multipli (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, obesità, diabete mellito e familiarità per cardiopatia ischemica); profilassi degli eventi ischemici occlusivi in pazienti con attacchi ischemici transitori (TIA) e dopo ictus cerebrale; prevenzione della riocclusione dei bay-pass aorto-coronarici, e nell'angioplastica coronarica percutanea transluminale (PTCA); prevenzione della trombosi durante circolazione extracorporea, nei pazienti in emodialisi e nella sindrome di Kawasaki
Altri nomi commerciali : 
  • Cardirene, 75 , 160 e 300 mg. (Non vi sono sostanziali differenze nell efficacia del dosaggio per l effetto antiaggregante). Di prassi si utilizza il dosaggio di 160 mg, utilizzando 75 mg come prosecuzione nei pazienti con rischio basso di eventi cerebrovascolari- 
  • ASCRIPTIN*20 CPR
  • CARDIOASPIRIN*100MG 30CPR
  • ANTIGREG*30 CPR 250 MG
  • CLOX*250MG 30 CPR
  • OPTERON*250MG 30 CPR

CLOPIDOGREL
Il Clopidogrel è il nome del principio attivo di farmaci con indicazione specifica per la prevenzione e il trattamento di malattie cardiovascolari, un antiaggregante piastrinico della famiglia delle tienopiridine, il cui meccanismo d'azione è volto all'inibizione di uno dei due recettori piastrinici dell'ADP (molecola in grado di attivare le piastrine), denominato P2Y12. Dapprima è stato utilizzato perlopiù in sostituzione della ticlopidina (un farmaco antipiastrinico con lo stesso meccanismo d'azione del clopidogrel ma con maggiori effetti collaterali) o dell'aspirina, nei casi di intolleranza o allergia a quest'ultima. Studi successivi hanno poi dimostrato un effettivo risultato positivo a confronto con l'aspirina nel caso di infarto del miocardio. Attualmente è indicato nel trattamento delle sindromi coronariche acute (infarto STEMI, infarto NSTEMI, angina instabile) in associazione all'aspirina. Inoltre deve essere associato all'aspirina per la prevenzione della trombosi dellostent in pazienti sottoposti ad impianto di stent coronarici, per un periodo variabile da 3 mesi ad un anno a seconda del tipo di stent impiantato. 
Il clopidogrel è indicato negli adulti nella prevenzione di eventi di origine aterotrombotica in pazienti affetti da infarto miocardico (da pochi giorni fino a meno di 35 giorni), ictus ischemico (da 7 giorni fino a meno di 6 mesi) o arteriopatia periferica comprovata.
Negli adulti e negli anziani il Clopidogrel deve essere somministrati in dose giornaliera di 75 mg durante o lontano dai pasti
Alcuni degli effetti indesiderati sono:
gastrite, cefalea, dolore addominale, dispepsia, nausea, vomito, febbre, leucopenia, pancreatite, sindrome di Stevens-Johnson, affaticamento, epatite,vasculite, allucinazioni, artralgia.
Il Clopidogrel fa parte della lista dei farmaci che possono essere altamente pericolosi se assunti in associazione con agrumi, in particolare il pompelmo. Le reazioni comprendono insufficienza renale o respiratoria acuta, emorragie gastrointestinali, tossicità renale e soppressione del midollo osseo.
Il nome commerciale piu conosciuto del Clopidogrel è PLAVIX 75 mg ma  ci sono altri nomi  tra cui: 
CLOPIDOGREL RED*75MG 28CPR
CLOPIDOGREL TEV*75MG 28CPR
CARDER*75MG 28CPR
CLOPIDOGREL ACV*75MG 28CPR
CLOPIDOGREL MYL*75MG 28CPR

LA TICLOPIDINA
La Ticlopidina appartiene alla classe delle tienopiridine ed è dotata di peculiare attività antitrombotica, in quanto diminuisce l’adesività piastrinica, inibisce l’aggregazione piastrinica (indotta da APD, collagene, trombina ed endoperossidi), stimola la disaggregazione piastrinica, diminuisce l’iperaggregabilità eritrocitaria indotta da protamina solfato, migliora la capacità degli eritrociti di modificare la propria forma (filtrabilità).
La Ticlopidina è indicata nella prevenzione secondaria di eventi ischemici occlusivi cerebro e cardiovascolari in pazienti a rischio trombotico (arteriopatia obliterante periferica, pregresso infarto del miocardio, pregressi attacchi ischemici transitori ricorrenti, ictus cerebrale ischemico, angina instabile).
Il farmaco è controindicato nei soggetti che presentino od abbiano presentato: leucopenia, piastrinopenia od agranulocitosi,
diatesi emorragiche (pregresse o in atto) ed emopatie che comportano un allungamento del tempo di sanguinamento, lesioni organiche suscettibili di sanguinamento (ulcere dell’apparato gastrointestinale, varici esofagee, ecc), accidenti vascolari cerebrali emorragici in fase acuta ed infine epatopatie gravi.
In qualche caso è stata segnalata, durante il trattamento con Ticlopidina, la comparsa di leucopenia od agranulocitosi, talvolta anche ad esito irreversibile; pertanto il farmaco deve essere impiegato solo nei casi in cui esso è insostituibile e negli ultimi tempi a causa appunto di questi effetti collaterali viene usato sempre meno
La dose consigliata è di 2 cp da 250 mg al giorno. È necessario prima di iniziare la terapia ed ogni 15 giorni durante i primi tre mesi di trattamento, effettuare un controllo quindicinale della crasi ematica, con particolare riguardo alla conta dei globuli bianchi e delle piastrine.
Prima di un intervento chirurgico di elezione sospendere il trattamento per una settimana (tranne nei casi in cui non sia espressamente richiesta un’attività antitrombotica) in considerazione del rischio emorragico indotto dal farmaco;
Nomi commerciali
  • Ticlopidina ANGENERICO SpA 
  • Ticlopidina DOROM Srl 
  • Ticlopidina SANDOZ SpA 
  • Ticlopidina AUROBINDO PHARMA ITALIA Srl 
  • Ticlopidina GERMED PHARMA SpA 
  • Ticlopidina TEVA ITALIA Srl 
  • Ticlopidina RATIOPHARM ITALIA Srl 
  • Ticlopidina LABORATORI ALTER Srl 
  • Ticlopidina DOC GENERICI Srl

IL DIPIRIDAMOLO
Il Dipiridamolo è il nome del principio attivo utilizzato come terapia aggiuntiva nella profilassi della tromboembolia associata alla presenza di protesi meccaniche valvolari cardiache. Ha un effetto antiaggregante da ricondurre all'inibizione della captazione dell'adenosina ematica. Esso infatti è un inibitore abbastanza potente del trasportatore nucleosidico bilanciato. In aggiunta possiede un certo effetto inibitore sulle fosfodiesterasi specifiche per l'AMP ciclico. L'effetto combinato di questi due meccanismi impedisce l'aggregazione piastrinica indotta da vari stimoli.
È utilizzato nella prevenzione secondaria dell'ictus ischemico e degli attacchi ischemici transitori, da solo o in associazione con acido acetilsalicilico
Dosaggi :
  • Profilassi della tromboembolia, associata a protesi valvolari cardiache: il range di dosaggio è 300-450 mg al giorno in dosi refratte e fino a 600 mg/die nei casi gravi.
  • Prevenzione secondaria dell'ictus ischemico e degli attacchi ischemici transitori 200 mg due volte al giorno.
Controindicazioni 
Dovrebbe essere impiegato con cautela in pazienti con gravi malattie a carico delle arterie coronarie quali angina instabile, infarto del miocardio recente, insufficienza cardiaca non compensata, stenosi aortica, miastenia grave. In caso di allattamento va utilizzato se considerato indispensabile dal medico.

Aggrenox è una associazione a dose fissa di due antiaggreganti piastrinici, il dipiridamolo e l'aspirina, per la prevenzione secondaria dell'ictus.( 200 MG Piridamolo , 25 mg Aspirina)
Altri nomi Commerciali: Persantin, Corosan

CILOSTAZOLO
Cilostazolo è un principio attivo della classe degli inibitori reversibili della fosfodiesterasi III con attività antiaggregante piastrinica
Indicazioni: per aumentare la distanza percorsa a piedi senza dolore e la distanza massima in pazienti con claudicatio intermittens, senza dolore a riposo e senza necrosi dei tessuti periferici. 
Una metanalisi della Cochrane di 7 studi di confronto con placebo (n=1.579) indica che un paziente trattato con cilostazolo alla dose registrata di 100 mg 2 volte al giorno può percorrere a piedi senza dolore 31 metri in più rispetto ad un paziente trattato con placebo, mentre la distanza di marcia massima aumenta di 50 metri rispetto al placeb. Le differenze sono statisticamente significative. 
Un'analisi combinata di 8 studi controllati con placebo ha evidenziato che il miglioramento dell'ACD verso placebo, stimabile intorno al 20%, è inferiore nei diabetici (15%) rispetto ai non diabetici (24%)Il cilostazolo è un nuovo antiaggregante piastrinico con attività vasodilatatoria. Nei pazienti con claudicatio intermittens aumenta del 20% circa la distanza di marcia percorsa senza dolore, ma non influisce positivamente sulla mortalità. A questa modesta efficacia sui sintomi si associa un profilo di tollerabilità scadente. La cefalea, anche grave, interessa 1 paziente su 3; altri effetti indesiderati frequenti sono la diarrea (1 paziente su 5), la tachicardia e le alterazioni del ritmo cardiaco (1 paziente su 10) che possono risultare pericolose. Un farmaco dall'alto potenziale interattivo, costoso, che non ha un ruolo nell'attuale strategia di trattamento della claudicatio.
Dosaggio: La dose raccomandata è di 100 mg due volte al giorno (dopo colazione e cena).IL nome commerciali è PLATEL

ABCIXIMAB
 L’Abciximab (ReoPro) è un potente inibitore del recettore della glicoproteina IIa/IIIb ( Gp IIa/IIIb ), riduce le complicanze trombotiche nei pazienti sottoposti ad intervento percutaneo coronarico ( PCI ).
È utilizzato  in cardiologia nella previdenza delle complicanze cardiache in special modo dell’infarto miocardico acuto o l’angina instabile, di solito di somministrazione pre-intervento. revenzione pre-intervento 250 ug/kg per iniezione endovenosa immediata, in seguito 125 ng/kg/minuto. La proceduta tempistica cambia a seconda dell’intervento che la persona dovrà subire.
Alcuni degli effetti indesiderati sono:
emorragia, cefalea, dolore toracico, nausea, vomito, febbre, ipercalcemia, bradicardia, iperuricemia, affaticamento, ipotensione, rash, vertigine, angioedema, sindrome da distress respiratorio dell'adulto.

INTEGRILIN
Integrilin è un medicinale contenente il principio attivo eptifibatide
Integrilin è utilizzato per prevenire l'infarto del miocardio (attacco di cuore) in adulti. Integrilin è indicato nei seguenti gruppi:
  1. pazienti con angina instabile (una grave forma di dolore al torace di varia intensità);
  2. pazienti che hanno già avuto un infarto del miocardio senza onda Q (un tipo di attacco di cuore) in presenza di dolore al torace nelle ultime 24 ore e anomalie dell'elettrocardiogramma (ECG) o segni di problemi cardiaci rilevati nel sangue.
Integrilin è somministrato con aspirina ed eparina non frazionata (altri farmaci che impediscono la formazione di coaguli di sangue). 
I pazienti che hanno maggiori probabilità di trarre beneficio dal trattamento con Integrilin sono quelli ad alto rischio di infarto miocardico nei tre-quattro giorni dall'inizio di un'angina acuta (improvvisa). Sono inclusi i pazienti sottoposti ad angioplastica transluminale percutanea coronarica (ACTP, un tipo di chirurgia volta a ripulire le arterie che alimentano il cuore).
Integrilin è un inibitore dell'aggregazione piastrinica; ciò significa che aiuta a prevenire la formazione di coaguli di sangue. La coagulazione del sangue avviene per l'azione di speciali cellule del sangue, le piastrine, che si attaccano l'una all'altra (si aggregano). Il principio attivo di Integrilin, l'eptafibatide, interrompe l'aggregazione delle piastrine bloccando una proteina, la glicoproteina IIb/III, situata sulla loro superficie che contribuisce a farle aderire l'una all'altra. Integrilin riduce fortemente il rischio di formazione di coaguli di sangue e aiuta a prevenire un nuovo attacco di cuore.

AGGRASTAT TIROFIBAN 
E’ un  antiaggregante piastrinico che, antagonizzando il legame del fibrinogeno e del fattore di von Willebrand ai recettori delle glicoproteine IIb/IIIa presenti sulla superficie delle piastrine, impediscono l'aggregazione piastrinica [con lo stesso meccanismo d'azione dell'acbiximab (Reopro)]. 
L'effetto antipiastrinico di tirofiban ed eptifibatide permane per circa 4 ore contro le 24-48 ore dell'abciximab. Vengono impiegati per infusione endovenosa: il tirofiban alla dose di 400ng/kg/min per 30 minuti, seguiti da 100ng/kg/min per almeno 48 ore; l'eptifibatide alla dose di 2 mcg/kg/min sino a 72 ore, preceduta da un bolo di 180mcg/kg.Nei pazienti candidati a interventi di rivascolarizzazione coronaria percutanea (es. angioplastica con o senza impianto di stent), gli inibitori selettivi dei recettori IIb/IIIa, associati all'aspirina e alla eparina, si sono dimostrati in grado di ridurre l'incidenza di morte e di infarto miocardico a 30 giorni e a 6 mesi.Nel trattamento delle sindromi coronariche acute e nell'infarto non Q, l'efficacia di questi antiaggreganti piastrinici risulta meno evidente e il loro ruolo preciso è ancora in via di definizione. 
Sulla base dei trial più importanti sinora condotti, la popolazione di pazienti che può ottenere i benefici maggiori dal trattamento è quella con angina instabile associata ad almeno uno dei seguenti fattori: troponina positiva, scompenso in atto, ischemia ricorrente, instabilità emodinamica, aritmie maggiori, angina precoce post-infartuale, pregresso by-pass coronarico. Non esistono confronti diretti tra tirofiban ed eptifibatide, né ragioni per ritenere che l'uno sia superiore all'altro. Nell'infarto miocardico acuto è attualmente in fase di studio la loro associazione a dosi ridotte di fibrinolitico per migliorare la riperfusione coronarica.
Tutti gli antagonisti della glicoproteina IIa/IIIb aumentano leggermente il rischio di emorragie maggiori.

 Procedure invasive nei pazienti che assumono terapia antiaggregante orale 
La terapia antiaggregante  come abbiamo detto ,consiste in farmaci in grado di inibire l’aggregazione piastrinica attraverso meccanismi diversi. Tali medicinali vengono impiegati nella prevenzione primaria e secondaria degli eventi cerebrovascolari, nonchè nella prevenzione della trombosi precoce e tardiva degli stent.
I pazienti candidati ad una procedura invasiva che assumono la terapia antiaggregante, hanno un rischio emorragico maggiore in quanto le piastrine “disattivate” da questi farmaci non possono contribuire alle prime importanti fasi dell’emostasi.
Anche in questa situazione il medico deve attentamente valutare il rischio emorragico dell’intervento, considerando, tuttavia, il rischio trombotico cardiovascolare del Paziente che risulta diverso a seconda della patologia di base (es. Pazienti in monoterapia antiaggregante per la prevenzione primaria dell’ictus o dell’infarto hanno un rischio trombotico molto minore rispetto a un Paziente in duplice terapia antiaggregante per il recente posizionamento di uno stent coronario).
Principi da considerare nell’interruzione della terapia anti-aggregante:
  • La vita media delle piastrine è di circa 7 –10 giorni; pertanto, per gli antiaggreganti che inibiscono irreversibilmente la funzione piastrinica, sono necessari 7 – 10 giorni di sospensione per rinnovare totalmente il pool piastrinico.
  • Qualora si ritenga più sicuro accorciare i tempi della sospensione della terapia antiaggregante a causa dell’elevato rischio trombotico del Paziente, si può valutare se interrompere la terapia 5 giorni prima della procedura.
  • Alcune procedure di chirurgia minore possono essere eseguite anche durante assunzione di terapia antiaggregante.
  • A differenza della TAO, nella terapia antiaggregante non esiste una vera e propria terapia ponte supportata da evidenze scientifiche; infatti, nonostante nella pratica clinica si osservi spesso l’impiego delle EBPM, questo approccio non offre una reale protezione.
  • Grande attenzione va rivolta ai Pazienti che assumono una duplice terapia antiaggregante per il recente posizionamento di stent, in quanto la sospensione di uno dei due farmaci può portare a complicanze anche letali quali la trombosi dello stent.

A cura della dott.sa Antonia Nucera, maggio 2013






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