Finalmente si sta affermando un approccio di genere alla salute. Mentre nel mondo della medicina e della ricerca, le donne scalano posizioni
«Curando una donna si cura un'intera famiglia, un'intera comunità».
Non è semplicemente uno slogan, ma un vero e proprio piano strategico quello lanciato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin questa mattina nel corso del convegno “Chi l’ha detto che donne e uomini sono uguali? Pari opportunità nella differenza” promosso da Farmindustria in occasione della ricorrenza dell’8 marzo.
Un incontro, giunto alla seconda edizione, pensato per riflettere sul ruolo che le donne hanno nella società e nelle imprese e sui bisogni di salute specifici della popolazione femminile a cui finalmente la ricerca e la medicina stanno cercando di rispondere puntando sempre più intensamente sulla medicina di genere.
Ne sono prova gli oltre 850 farmaci oggi in sviluppo nel mondo per le patologie femminile che si aggiungono ai 7.000 medicinali in sviluppo a livello internazionale per molte patologie tra cui i tumori (1.813), le malattie neurologiche (1.329), immunologiche (1.120) e cardiovascolari (599) nelle cui sperimentazioni la presenza delle donne comincia a essere significativa.
Molto è cambiato, dunque, nell’approccio della medicina alla salute femminile.
«Quando andai in Europa la prima volta per parlare di medicina di genere, mi dissero che costava troppo», ricorda il ministro. «Invece bisogna riconoscere che questo non è un fattore politico ma scientifico. Un tema italiano che abbiamo portato al semestre europeo e ora porteremo al prossimo G7 dei ministri della Salute in programma a Milano a novembre. Per questo stiamo puntando sulla ricerca per curare le donne affette da alcune patologie gravi, come il cancro, ma anche la stessa osteoporosi e la demenza senile per la terza età. Abbiamo pensato a inserire l'endometriosi nei Lea, perché è una malattia invalidante che in Italia colpisce 300.000 donne».
Intanto, Farmindustria ha annunciato un impegno diretto per la promozione della salute della donna: corsi di formazione e informazione sui farmaci, sull’appropriatezza terapeutica e sulla prevenzione destinati in primo luogo alle donne. «Perché le donne - ha detto il presidente degli industriali farmaceutici Massimo Scaccabarozzi - sono protagoniste nelle decisioni sugli stili di vita, sulle cure e nell’assistenza ai più deboli nell’ambito della famiglia. Svolgono dunque il doppio ruolo di caregiver per la comunità familiare e di sussidiarietà rispetto al sistema assistenziale pubblico».
Un’industria al femminile
Qualcosa si muove, dunque. Ed è lo specchio di un cambiamento che si coglie in molti settori della società. Basta osservare l’area Ricerca & Sviluppo delle aziende farmaceutiche dove ormai le donne hanno superato la controparte maschile e sono per il 90 per cento laureate e diplomate. Senza dimenticare che in un caso su tre una donna è dirigente.
Dal canto suo, anche le aziende cominciano a mettere in atto in maniera strutturale politiche aziendali volte a favorire la conciliazione tra lavoro e vita privata: dall’aspettativa più lunga, in caso di maternità, rispetto a quanto previsto dalla legge e dai contratti di lavoro all’organizzazione flessibile del lavoro, dalla messa in atto di iniziative di medicina preventiva, focalizzate sulle patologie femminili agli asili nido aziendali.
Nel settore del farmaco, ormai il 70 per cento delle aziende adotta politiche di welfare.
«Dalla R&S, alla produzione, all’amministrazione, alla dirigenza. Nelle attività quotidiane delle imprese del farmaco, il contributo femminile è fondamentale», ha affermato Scaccabarozzi. «Perché le differenze uniscono, arricchiscono e contribuiscono allo sviluppo. E il nostro settore - all’avanguardia dell’innovazione, ormai 4.0, e della digitalizzazione - ne è una prova. Negli ultimi anni si registra infatti un balzo in avanti a livello di occupazione, che ha raggiunto i 64.000 addetti, di produzione (30 miliardi), di export (72% del totale) e di investimenti in R&S (+ 15% negli ultimi due anni). Risultati raggiunti grazie a una alta qualità delle risorse umane, a un contesto politico-istituzionale pro innovation, e a forti partnership pubblico-privato tra le nostre eccellenze. Senza dimenticare la creatività e la tenacia femminili, che possono davvero fare la differenza e dare un contributo importante alla salute, alla ricerca e all’economia di tutto il Paese».
Un premio per le donne
Ne sono prova i premi Telethon-Farmindustria conferiti oggi a tre ricercatrici che si sono distinte a livello internazionale ottenendo - nell’ambito della Life Science - finanziamenti dall’European Research Council.
Si tratta di Valentina Bollati (classe 1980), professore associato di Medicina del Lavoro all’Università di Milano che ha ricevuto un ERC Starting Grant nel 2011 con un finanziamento di 1.4 milioni di euro per 5 anni, per lo studio dei meccanismi molecolari responsabili dell’aumento di patologie cardiovascolari dovute all’esposizione al particolato atmosferico; di Vittoria Colizza (nata nel 1978), ricercatrice presso la Fondazione ISI (Istituto per l’Interscambio Scientifico) a Torino, e ricercatrice senior a Parigi presso l’Inserm (Istituto Nazionale Francese per la Salute e Ricerca Medica) e l’Università Pierre et Marie Curie: ha ricevuto un ERC Starting Grant nel 2008 con un finanziamento di 684.000 euro per 5 anni, per uno studio nel campo della epidemiologia computazionale, sulla capacità di prevedere le epidemie.
La terza è Adriana Maggi, ordinario di Biotecnologie Farmacologiche all’Università di Milano, dove dirige il Centro delle Malattie Neurodegenerative: ha ricevuto un ERC Advanced Grant nel 2012 con un finanziamento di 1.4 milioni di euro per 5 anni, per un progetto riguardante la medicina di genere, nello specifico sugli effetti degli estrogeni sul fegato.
Tre donne che sono la prova di un altro trend in atto nel nostro Paese: la sempre maggiore presenza femminile nella ricerca di qualità. Le ricercatrici italiane, infatti, secondo le rilevazioni della Commissione Europea, staccano di 11 punti i colleghi uomini per numero di progetti vincenti in Europa.
Fonte: HD HealthDesk, redazione, 7 marzo 2017