In nove casi su dieci l’ictus si può prevenire. Come? Intervenendo su 10 fattori di rischio modificabili riconosciuti universalmente come responsabili della malattia. La top ten delle cattive abitudini e delle condizioni di salute che aumentano le probabilità di avere un ictus varia però da paese a paese. La “mappa” con le differenze è stata realizzata dai ricercatori del Population Health Research Institute (Phri) della McMaster University in Canada che hanno pubblicato su The Lancet i risultati di un imponente studio su 26 mila individui di 32 paesi del mondo di tutti e cinque i continenti. Conoscere la distribuzione dei fattori di rischio nelle varie aree del mondo permette di modellare le politiche di prevenzione su misura, con correzioni ad hoc, mirate caso per caso.
«Abbiamo avuto la conferma - dice Martin O’Donnell a capo dello studio - che i dieci fattori di rischio modificabili sono associati al 90 per cento dei casi di ictus in tutte le regioni del mondo, nei giovani e nei meno giovani, nelle donne e negli uomini. Lo studio ha anche confermato che l’ipertensione è il principale fattore di rischio modificabile in tutto il mondo e il bersaglio chiave per ridurre l’impatto dell’ictus a livello globale» .
I ricercatori hanno misurato quanto incidono globalmente i vari fattori di rischio, classificandoli in base al pericolo. L’ipertensione si conferma al primo posto: eliminandola si riuscirebbero a dimezzare (48%) i casi di ictus. L’attività fisica consentirebbe di ridurli di un terzo (36%), e una dieta corretta di un quinto (19%). A seguire viene il fumo: rinunciando alle sigarette il rischio di ictus si abbasserebbe del 12 per cento. Il resto si potrebbe ottenere eliminando malattie cardiache (9%), diabete (4%) consumo di alcol (6%), stress (6%) e grassi nel sangue, ma non solo il colesterolo (27%).
Molti di questi fattori sono collegati tra loro e quando, come accade per l’obesità e il diabete, convivono nella stessa persona il rischio di avere un ictus aumenta. E la regola vale per tutti, in ogni parte del mondo, a qualunque età, per gli uomini quanto per le donne.
Le differenze tra un paese e l’altro emergono quando si analizzano i singoli fattori di rischio. Partiamo dall’ipertensione: si va da un impatto stimato intorno al 40 per cento nell’Europa occidentale, America del Nord, e Australia al 60 per cento del Sudest asiatico. L’alcol è un fattore di rischio più basso per l’Europa occidentale, l’America del Nord e l’Australia, ma è più alto in Africa e nel sud dell’Asia, mentre l’influenza dell’inattività è particolarmente forte in Cina.
Le irregolarità nel ritmo cardiaco e la fibrillazione atriale sono un problema ovunque perché associate a un maggiore rischio di ictus ischemico, ma le regioni più interessate sono Europa occidentale, America del Nord e Australia. Cina e Asia del Sud sono, in questo caso, meno coinvolte.
Il messaggio dei ricercatori è inequivocabile e le dimensioni dello studio lo rendono universale: l’ictus si può prevenire sempre e ovunque, in qualunque paese si viva, a qualunque età e indipendentemente dal sesso. Ma ora gli esperti di salute pubblica hanno delle informazioni in più per mettere a punto piani di prevenzione mirati sulle caratteristiche delle singole popolazioni.
«I nostri risultati - commenta Yusuf, professore di medicina alla McMaster University - danno informazioni utili per lo sviluppo di interventi sulla popolazione globale per ridurre l’ictus, indicando anche come questi programmi possono essere tagliati su misura per le singole regioni».
Fonte: HD Healthdesk, redazione, 25 Luglio 2016