Essere socievoli conviene. Chi è isolato ha il 29 per cento di probabilità in più di sviluppare una malattia coronarica rispetto a chi ha una vita sociale regolare. Ma agli autori della ricerca resta un dubbio da chiarire: le chat sui social network valgono tanto quanto un rapporto faccia a faccia?
I cuori solitari si ammalano di più. La solitudine e l’isolamento sociale sono fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e per l’ictus tanto pericolosi quanto altre condizioni psicologiche come lo stress o l’ansia. Capaci di aumentare i rischi di episodi acuti del 30 per cento.
Così, dopo aver analizzato 23 studi che hanno coinvolto 181mila adulti con oltre 4.600 casi di attacchi di cuore, infarti, episodi di angina pectoris e di morte, e con 3mila casi di ictus, gli autori della metanalisi pubblicata sulla rivista Heart vengono a dirci che l’antico adagio va aggiornato e ribaltato: meglio male accompagnati, che soli.
I vantaggi della solitudine, almeno per la salute, sono infatti confutati dai dati: il rischio di cardiopatie aumenta del 29 per cento. E per l’ictus va ancora peggio: le probabilità di finire in ospedale in questo caso salgono del 32 per cento. «Il nostro lavoro - scrivono gli autori della ricerca - suggerisce che indirizzare l’attenzione verso la solitudine e l’isolamento sociale potrebbe essere importante per la prevenzione di due tra le principali patologie dei paesi ad alto reddito».
Non è una grande sorpresa. Era già noto che chi, per scelta o per destino, si ritrova per lungo tempo in compagnia solo di se stesso, non è quasi mai il ritratto della salute.
La solitudine è una brutta bestia capace di lasciare segni evidenti sul fisico, compromettendo il sistema immunitario, alzando la pressione sanguigna e procurando anche, nel peggiore dei casi, la morte prematura. Ma non è chiaro come possa arrivare a provocare infarti e ictus. E l’articolo su Heart, volutamente, non aiuta a capirlo.
Gli autori infatti ammettono che il loro studio non può servire a tracciare un nesso tra causa ed effetto. Si tratta di un’analisi osservazionale che si limita a dimostrare, in sostanza, che la solitudine e l’isolamento sociale hanno degli effetti collaterali. Senza però spiegarci il perché.
Le ipotesi possono essere varie, spiegano i ricercatori, e non si può escludere che la prospettiva da cui osservare il quadro vada ribaltata.
Chi soffre di una malattia non diagnosticata, o chi è depresso, potrebbe per questa ragione essere meno socievole, facendo confondere l’effetto con la causa.
Comunque sia, il messaggio non cambia: «C’è bisogno di una maggiore attenzione alle connessioni sociali - dicono Julianne Holt-Lunstad e Timothy Smith della Brigham Young University dello Utah, negli Usa, in un editoriale che accompagna l’articolo - nella ricerca, nel monitoraggio della salute pubblica, nella prevenzione».
Accanto alle campagne contro il fumo, a favore dell’attività fisica e di una dieta salutare, i firmatari dell’editoriale vorrebbero vedere anche interventi per arricchire la vita sociale della popolazione. Resta ancora da chiarire un dubbio, ammettono i ricercatori: i social network sono una risorsa o un ostacolo? I vantaggi sulla salute delle interazioni sociali sono garantiti solo dai rapporti faccia a faccia o passano anche attraverso lo schermo?
Fonte: Articolo HD HealthDesk, Giovanna Dall’Ongaro, 6 Maggio 2016