LA CHIUSURA PERCUTANEA DELL’AURICOLA SINISTRA Un’alternativa alla terapia anticoagulante nei pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare
Un’alternativa alla terapia anticoagulante nei pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare
Cos’è la fibrillazione atriale?
La fibrillazione atriale è l’aritmia che più frequentemente siamo chiamati a trattare nelle nostre cliniche ed è caratterizzata da una irregolarità del battito cardiaco, con il cuore che di solito batte velocemente ed in maniera del tutto irregolare. Generalmente non è un’aritmia pericolosa nell’immediatezza della sua comparsa, ma se non viene riconosciuta e trattata può portare nel tempo a conseguenze importanti come la formazione di trombi nell’atrio sinistro, soprattutto all’interno di una sua appendice chiamata auricola, che portano ad ictus. I trombi che si formano nell’auricola, a causa del rallentato flusso di sangue determinato dall’aritmia, possono embolizzare, ossia si spostano dall’auricola ed entrano nel torrente circolatorio andando verso il cervello, ed occludere arterie anche di grandi dimensioni provocando l’ictus ischemico. Gli ictus dovuti alla fibrillazione atriale sono la prima causa di disabilità.
La fibrillazione atriale può essere di breve durata, parossistica, a risoluzione spontanea, oppure essere di lunga e lunghissima durata, persistente e permanente; può dare anche sintomi come la sensazione di battito accelerato o difficoltà di respiro, ma più spesso si presenta senza alcun sintomo. I farmaci antiaritmici, la cardioversione e l’ablazione sono i trattamenti con cui si cerca di ripristinare e mantenere il normale ritmo sinusale del cuore.
Prevalenza e tassi di mortalità della FA
La fibrillazione atriale è fortemente correlata all’età, con andamento esponenziale, colpisce il 4% dei soggetti di età superiore ai 60 anni ed il 9% delle persone di età superiore agli 80. A livello mondiale quasi il 2% della popolazione ne è soffre, circa 6 milioni di persone ne soffrono in Europa e si prevede che la sua prevalenza raddoppierà nei prossimi 50 anni con il progressivo invecchiamento della popolazione. Nel 2012 la stima per l’Italia era di circa 850.000 persone.
La terapia farmacologica ed i suoi limiti
Per evitare che nell’auricola si formino i trombi che causano gli ictus ischemici, vengono somministrati dei farmaci anticoagulanti per via orale, il Warfarin oppure i nuovi farmaci anticoagulanti (Dabigatran, Rivaroxaban e Apixaban), che hanno dimostrato di abbattere in modo significativo la mortalità e le conseguenze disabilitanti degli ictus nei pazienti con fibrillazione atriale. Questi farmaci sono però sottoutilizzati o vengono sospesi per la difficoltà di gestione (è fondamentale una strettissima aderenza da parte del paziente alla terapia, uno stretto controllo della propria dieta in quanto sono possibili interazioni con alcuni cibi, la necessità di frequenti prelievi per la verifica del TP INR per stabilire il corretto dosaggio da assumere quotidianamente). Inoltre molti pazienti in terapia anticoagulante sono esposti a severe complicanze dal punto di vista emorragico: pazienti con problemi di deambulazione e a rischio di caduta sono potenzialmente esposti a emorragie, vi è un aumentato rischio di ictus emorragico soprattutto nei pazienti più anziani oltre che di emorragie gastro-intestinali o vescicali. Questi rischi sono presenti anche quando vi è uno stretto e corretto controllo del del TP INR, per quel che riguarda il Warfarin. Vi sono inoltre pazienti che hanno avuto già emorragie importanti, sia cerebrali che gastro-intestinali, in cui tutti i farmaci anticoagulanti sono ovviamente controindicati.
Qual è il trattamento alternativo?
A sostegno dei pazienti affetti da FA non valvolare negli ultimi anni si è proposta la procedura di occlusione dell’auricola sinistra, principale sede di formazione dei trombi, tramite un intervento mini-invasivo di cateterismo cardiaco. Questa procedura consente di eliminare il trattamento con anticoagulanti a vita e risulta essere vantaggiosa, quindi, soprattutto per i pazienti considerati ad alto rischio di ictus (ischemico e/o emorragico), per cui la terapia anticoagulante sia risultata inefficace o sia controindicata a breve o lungo termine.
La procedura viene eseguita in sedazione o anestesia generale. La tecnica di impianto vede il cardiologo interventista guidare la protesi nel cuore attraverso un tubicino flessibile, un catetere, inserito nella vena femorale all’altezza dell’inguine. Attraverso la puntura transettale, che permette di arrivare all’atrio sinistro, il medico misura l’imbocco dell’auricola sinistra avvalendosi dell’ecocardiografia transesofagea e sceglie la protesi adatta. Dopo essere stata posizionata, la protesi è sottoposta ad una serie di test per valutarne la stabilità e l’efficacia di occlusione, dopodiché viene rilasciata in modo permanente in auricola sinistra. La durata della procedura è di circa 45 minuti.
Ma che cos’è questo dispositivo che chiude l’auricola?
Questo è un dispositivo di chiusura permanente che viene posizionato all’imbocco dell'auricola sinistra ed è stato ideato per impedire che coaguli di sangue fuoriescano nella circolazione sanguigna e possano provocare un ictus. Il dispositivo è composto da materiali che si trovano in numerosi dispositivi medici, come ad esempio gli stent coronarici, ed è costituito da una gabbia di Nitinolo (una lega derivata dal Nichel) autoespandibile che una volta rilasciata dal chirurgo all’interno dell’auricola si adatta alla morfologia di questa, costituendo un vero e proprio divisorio tra l’appendice auricolare e l’atrio sinistro che risulterà completamente schermato. Sarà impossibile quindi che coaguli di sangue passino nella circolazione.
Cosa succede dopo l’impianto?
Dopo 24 ore di osservazione, a seguito dell’impianto, il paziente può essere dimesso. In seguito servono alcuni mesi affinché il tessuto cardiaco ricopra la protesi, rendendo la occlusione dell’auricola più efficace e definitiva. Durante questo periodo è indicata, salvo controindicazioni assolute, una terapia anticoagulante e/o antiaggregante, ma sarà il medico a stabilire se e quali farmaci usare. Dopo circa 45 giorni e dopo 6 mesi dall’intervento il paziente viene sottoposto ad un controllo ecocardiografico transesofageo per rivalutare il buon esito dell’impianto. Alla fine il paziente potrà interrompere la terapia anticoagulante raggiungendo lo scopo prefissato.
Si tratta di una procedura sicura?
Studi clinici dimostrano che si tratta di una procedura sicura ed efficace se eseguita da medici esperti ed opportunamente formati, in centri selezionati. Tuttavia come ogni intervento chirurgico anch’essa ha dei rischi operatori, tra questi il versamento pericardico, embolie sistemiche per bolle d’aria o per trombi che si originano sulla superficie del dispositivo nei giorni successivi all’impianto, embolizzazioni del dispositivo.
L’aspetto importante, come per tutte le procedure chirurgiche, è il rischio aggiuntivo legato alla procedura. Studi clinici hanno dimostrato che i rischi associati a questa procedura si verificano quasi esclusivamente durante l’intervento e nei primi sette giorni successivi, mentre sono nulli nei mesi e negli anni successivi all’impianto; dall’altro lato invece il rischio di ictus ischemico e/o emorragico nei pazienti che si sottopongono per anni alla terapia anticoagulante è diluito nel tempo ed è destinato ad aumentare col passare del tempo, cosa che induce circa la metà dei pazienti a interrompere la terapia dopo pochi anni. Va anche sottolineato che gli eventi sfavorevoli legati alla procedura sono in drastica diminuzione come dimostrato da evidenze cliniche, in quanto l’esperienza dei medici e la loro formazione è aumentata visto anche l’incremento del numero di impianti che si è registrata recentemente. Infatti, studi clinici recenti sulla chiusura percutanea dell’auricola sinistra dimostrano che è stata raggiunta una percentuale di successo d’impianto superiore al 95% associata ad una riduzione delle complicanze legate alla procedura pari al 50% rispetto ai primi studi. E’ stata anche eseguita una valutazione sulle condizioni dei pazienti a cui è stato impiantato un occlusore dell’auricola sinistra a più di 4 anni di distanza dall’impianto evidenziando una quasi totale assenza di complicanze e una completa tolleranza del corpo umano al dispositivo.
Attualmente si stimano in oltre 15mila i pazienti che sono stati sottoposti in Europa a questa procedura in quasi 300 centri specializzati. Tra i paesi in cui si è effettua il maggior numero di procedure vi è la Germania seguita da Italia, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Russia, Spagna, Belgio e Portogallo.
Giulio Molon, Medico Cardiologo
Divisione di Cardiologia, Ospedale “S.Cuore” – Negrar VR