Mangiare sano, fare esercizio fisico e tenere allenato il cervello. Sono consigli da seguire ad ogni età ma ancor di più se si è in quella fase della vita in cui la salute mentale è più a rischio. E allora ben venga l'attività aerobica regolare, ma anche le semplici passeggiate o un ballo in compagnia, gli esercizi per tenere giovane la mente, come cruciverba o sudoku, e ovviamente un'alimentazione ricca di frutta e verdura.
Un programma basato su questi semplici punti, infatti, in aggiunta al monitoraggio dei fattori di rischio vascolare e metabolico, sembra essere efficace nel rallentare il declino cognitivo negli anziani e prevenire l'insorgere della demenza. La notizia arriva da uno studio, il primo randomizzato controllato di questo tipo, pubblicato su “The Lancet”.
La demenza è una sindrome caratterizzata dal deterioramento delle funzioni cognitive, come la memoria, la comprensione, l'orientamento, il calcolo, la capacità linguistica. Si inizia con dei momenti in cui non ci si ricorda le cose, si perde la cognizione del tempo e persino i luoghi più familiari diventano ad un tratto sconosciuti. Poi arrivano i vuoti di memoria sugli eventi più recenti, sui nomi delle persone e le prime difficoltà a comunicare e prendersi cura di se stessi fino ad arrivare alla totale perdita di consapevolezza dei luoghi e del tempo in cui ci si trova.
La demenza, un'emergenza sanitaria
La demenza senile è una parabola discendente che risucchia in un vortice l'anziano e tutti i suoi familiari, con un enorme impatto sociale ed economico. Nel mondo ne soffrono 47,5 milioni di persone, età media 60 anni, un esercito destinato ad arrivare a quota 75,6 milioni nel 2030 e addirittura a triplicare entro il 2050 con 135,5 milioni di dementi.
Ogni anno si contano 7,7 milioni di nuovi casi ogni anno e il fenomeno è riconosciuto come una vera e propria emergenza dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che proprio in questi giorni (16-17 marzo) ha organizzato a Ginevra la prima conferenza sul tema, "First ministerial conference on global action against dementia", per mettere a punto un'azione coordinata per affrontare questa sfida sanitaria.
Sebbene colpisca soprattutto le persone anziane, la demenza non è una componente normale dell'invecchiamento. Perdere qualche colpo è normale, ma nel caso della demenza intervengono malattie o lesioni che vanno a incidere sulle funzioni cerebrali, l'Alzheimer prima di tutto ma anche l'ictus. Oggi, secondo l'Oms, rappresenta la principale causa di disabilità tra gli anziani e travolge a vari livelli tutti coloro che si occupano di terza età: i familiari in primis, e poi i caregiver e l'intera società. Nel 2010 i costi sociali globali della demenza sono stati stimati in 604 miliardi di dollari.
Al momento non è disponibile nessuna cura e la prevenzione si basa su interventi di prevenzione che agiscono sui fattori di rischio già noti, cioè le malattie cardiovascolari come diabete, ipertensione, obesità, fumo e attività fisica.
La ricerca finlandese
Anche i ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma, dell'Istituto nazionale per la salute e il benessere di Helsinki e dell'Università della Finlandia orientale, hanno proceduto in questo modo, valutando gli effetti sul cervello di un programma incentrato su alcuni dei più importanti fattori di rischio per la demenza legata all'età.
Il "Finnish geriatric intervention study to prevent cognitive impairment and disability", questo il nome dello studio guidato da Miia Kivipelto, ha coinvolto 1.260 persone di età compresa tra 60 e 77 anni, tutte considerate a rischio di demenza. La metà di loro è stata assegnata in modo causale per ricevere l'intervento da testare, mentre la restante parte è rientrata nel gruppo di controllo, che riceveva solo normali consigli sulla salute.
Nel dettaglio, il programma intensivo consisteva in riunioni regolari con medici, infermieri e altri operatori sanitari che fornivano ai pazienti una consulenza completa sulla dieta da seguire, sugli esercizi da svolgere per il corpo e per la mente e sulla gestione dei fattori di rischio metabolici e vascolari attraverso esami del sangue e altri screening.
Come parte del programma, gli anziani dovevano svolgere esercizi aerobici da due a cinque volte a settimana e allenamento muscolare da una a tre volte a settimana. Esercizi da svolgere in gruppo o individualmente per tenere allenato il cervello tre volte a settimana per più di 15 minuti.
Sul fronte alimentazione, per citare alcune delle indicazioni, l'apporto energetico giornaliero da proteine doveva restare tra il 10 e il 20%, quello dei carboidrati tra 45 e 55%, i grassi tra 25 e 35%. Quindi spazio al pesce almeno due volte a settimana e tanta frutta e verdura, olio di oliva e poco sale.
Risultati incoraggianti
A distanza di due anni, la funzione mentale in questi soggetti (misurata con il Neuropsychological test battery) è risultata migliore rispetto a quella dei membri del gruppo di controllo, con punteggi più alti del 25%. Per alcuni aspetti le differenze tra i due gruppi del campione sono state anche più sorprendenti: lo score delle funzioni esecutive, per esempio, è risultato più alto dell'83% nel gruppo dell'intervento e la velocità di elaborazione addirittura superiore del 150% rispetto al gruppo di controllo.
«Precedenti ricerche avevano dimostrato l'esistenza di legami tra il declino cognitivo negli anziani e fattori come dieta, salute del cuore e attività fisica», spiega Miia Kivipelto, docente del Karolinska Institutet di Stoccolma e a capo del gruppo di ricerca. «Tuttavia, il nostro è il primo grande studio controllato randomizzato a dimostrare che un programma intensivo che agisce su questi fattori di rischio potrebbe essere in grado di prevenire il declino cognitivo negli anziani a rischio demenza».
I partecipanti allo studio verranno seguiti per almeno altri sette anni per determinare se il ridotto declino cognitivo osservato nel test sarà seguito da minori livelli di demenza e di diagnosi di Alzheimer. Secondo i ricercatori, anche piccoli cambiamenti nello stile di vita e nell'alimentazione potrebbero ridurre di molto il rischio di queste patologie.
«Circa un terzo dei casi di Alzheimer nel mondo può essere attribuibile a basso livello di istruzione, inattività fisica, obesità, ipertensione, diabete, fumo e depressione», si legge su The Lancet. «La prevalenza mondiale della malattia potrebbe essere ridotta del 8,3% entro il 2050 attraverso la riduzione del 10% per decennio della prevalenza di ciascuno di questi fattori....Se gli effetti benefici osservati nello studio porteranno anche a un modesto ritardo della comparsa di demenza e di Alzheimer, l'effetto a livello individuale e sociale sarebbe enorme».
La Settimana mondiale del cervello
In occasione della Settimana mondiale del cervello (16-22 marzo) anche la Società italiana di neurologia (Sin) ha sottolineato l'importanza della nutrizione nel proteggere il cervello dall'insorgere dei disturbi cognitivi e delle demenze.
«Il ruolo della prevenzione è cruciale nel caso delle malattie neurodegenerative», sostiene Aldo Quattrone, presidente della Sin. «In ambito neurologico la prevenzione passa in primo luogo attraverso un corretto nutrimento del cervello, da intendersi tanto in senso stretto, come accorta e sana alimentazione, quanto in senso più ampio, come esercizio fisico e dell'allenamento intellettuale. Entrambe buone pratiche per prevenire l'invecchiamento cerebrale».
Nel caso dell'Alzheimer, la più comune causa di demenza, che in Italia colpisce 700 mila persone, gli esperti della Sin consigliano un'alimentazione povera di colesterolo e ricca di fibre, vitamine e antiossidanti derivanti da frutta e verdura e di grassi insaturi contenuti nell'olio di oliva, che hanno dimostrato di ridurre l'incidenza del morbo.
Alcune carenze vitaminiche poi, in particolare di folati e vitamina B12, possono facilitare l'insorgenza di demenza causando l'aumento di omocisteina, che risulta tossica per i vasi e i neuroni. Fanno bene anche moderate quantità di caffè e vino rosso, che con le loro numerose sostanze antiossidanti sembrano avere un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo della demenza.
Fonte: HD HealthDelk,Roberta Pizzolante, 18 Marzo 2015