Le 7.30 del mattino. L'ora in cui molti si trovano fermi a un semaforo rosso, in attesa di andare al lavoro o di portare i figli a scuola. Migliaia di auto con i motori accesi contemporaneamente. Così a Roma, Milano, Napoli, Bari. Basterebbe pensare a questo semplice gesto quotidiano e moltiplicarlo per tutte le città italiane e per quelle nel resto del mondo per iniziare a sentire un leggero fastidio alla gola. Proprio quello che si avverte quando non si respira aria pulita.
Non è solo colpa del trasporto su strada, ovviamente bisogna aggiungerci i fumi industriali, l'inefficiente gestione del settore edilizio, l'uso di carbone e biomasse, l'agricoltura. Fatto che sta l'aria che ci circonda è sempre più inquinata e pericolosa da respirare. Stando ai dati dell'ultimo Urban Air Quality database dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), stilato a maggio 2014 analizzando 1.600 città in oltre 90 paesi, solo il 12% dei cittadini del mondo può godere di una qualità dell'aria conforme ai livelli di sicurezza fissati dall'Oms. Circa la metà della popolazione urbana è esposta ad un inquinamento atmosferico che è almeno 2,5 volte superiore ai livelli raccomandati.
Numeri allarmanti, tanto da far individuare nell'inquinamento dell'aria "uno dei più grandi rischi per salute umana". Nel 2012, sempre secondo l'Oms, lo smog esterno è stato responsabile della morte di circa 3,7 milioni di persone sotto i 60 anni e ormai numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato la forte correlazione tra esposizione ad agenti inquinanti e problemi respiratori, malattie cardiovascolari, cancro, disordini mentali.
Per esempio, di recente i ricercatori dell'Università di Washington guidati da Peter Leary hanno dimostrato in uno studio condotto su quasi 4 mila persone sane e pubblicato sull'American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine che elevati livelli di biossido di azoto causati dal traffico sono correlati a una maggiore massa del ventricolo destro e a un maggior volume telediastolico, entrambe condizioni che aumentano il rischio di insufficienza cardiaca e morte cardiovascolare.
L'inquinamento aumenta il rischio di ictus
Ad aggiungere nuove evidenze ci pensano ora due studi apparsi sul British Medical Journal, che questa volta mettono in relazione gli inquinanti atmosferici con un aumentato rischio di ictus e di problemi di ansia.
L'ictus uccide circa cinque milioni di persone ogni anno. Mentre sono ben noti i fattori di rischio come obesità, fumo e alta pressione sanguigna, poco si sa sull'effetto dell'ambiente. Per vederci più chiaro, i ricercatori dell'Università di Edimburgo hanno portato avanti una revisione sistematica e una meta analisi su 103 studi osservazionali che riguardavano 28 paesi del mondo.
«Negli ultimi tre decenni diversi studi epidemiologici hanno mostrato che la malattia cardiaca è la prima causa di morbilità e mortalità associata all'inquinamento dell'aria. Studi sull'esposizione a lungo termine hanno già evidenziato forti associazioni tra inquinamento e ictus», spiegano i ricercatori su Bmj. «Ma se da un lato si conoscono bene gli effetti a breve termine dello smog sull'insufficienza cardiaca o l'infarto del miocardo, è meno chiaro se l'esposizione acuta allo smog possa causare malattie cerebrovascolari, come l'ictus. Il nostro studio è la prima analisi combinata che esamina gli effetti a breve termine dell'esposizione a inquinanti gassosi e particolato sui ricoveri e i decessi».
In particolare, i ricercatori hanno indagato il legame tra i ricoveri ospedalieri e i decessi per ictus e l'esposizione breve, fino a sette giorni, a cinque inquinanti atmosferici gassosi: monossido di carbonio, biossido di zolfo, biossido di azoto, ozono e particolato atmosferico PM 2,5 e PM 10.
Risultati
I risultati dello studio hanno messo in evidenza una correlazione tra esposizione allo smog, specie nel primo giorno, e ricoveri e morti per ictus. Nel dettaglio, il monossido di carbonio aumenta il rischio relativo di ictus dell'1,5% per 1 ppm (parti per milione), il diossido di zolfo dell'1,9% per 10 ppb (parti per miliardo) e il biossido di zolfo dell'1,4% per 10 ppb. Le associazioni più deboli sono state osservate per l'ozono, mentre sia il PM2,5 che il PM10 sono risultati correlati con ricoveri ospedalieri e morte per ictus, con un aumento rispettivamente dell'1,1% e dello 0,3% per 10 µg/m3.
Per quanto riguarda i meccanismi alla base del fenomeno, gli autori dello studio fanno riferimento alle conoscenze già acquisite dalla comunità scientifica. Già una precedente ricerca aveva dimostrato che l'inquinamento dell'aria può danneggiare le cellule che rivestono il sistema circolatorio, l'endotelio, e aumentare l'attività del sistema nervoso simpatico, portando al restringimento dei vasi sanguigni, all'aumento della pressione del sangue, a un minor afflusso di sangue ai tessuti e all'aumento del rischio di trombosi.
Un altro recentissimo studio pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology aveva fornito un dettaglio in più su come lo smog possa provocare malattie vascolari. Analizzando oltre 300 mila abitanti di New York, New Jersey e Connecticut, infatti, i ricercatori del Langone Medical Center dell'Università di New York hanno notato che i residenti nelle zone più inquinate mostrano un rischio più alto del 24% di restringimento delle carotidi, le arterie del collo che portano il sangue al cervello, rispetto a chi vive in quartieri più puliti. Proprio il danno a livello delle carotidi aumenterebbe il rischio di ictus.
Inquinamento ed ansia
Il secondo studio pubblicato su British Medical Journal ha preso in esame il legame tra particolato atmosferico e ansia, il più comune disordine psichiatrico che affligge circa il 16% delle persone nel mondo.
I ricercatori della John Hopkins University e della Harvard University hanno preso in considerazione oltre 71.200 donne di età compresa tra i 57 e gli 85 anni, analizzando la loro esposizione alle polveri sottili PM2,5 e PM10 sulla base dei dati geografici e metereologici nazionali e in cinque diversi periodi prima della valutazione dell'ansia (un mese, tre mesi, sei mesi, un anno, 15 anni).
Inoltre, nell'analisi è stato preso in considerazione l'indirizzo di residenza delle donne per valutare la distanza dalla strada principale, un indicatore comune per l'inquinamento da trasporto urbano, oltre fattori come l'età, lo stato civile, l'istruzione e lo status socio-economico. Ognuna delle partecipanti ha dovuto poi compilare un questionario di autovalutazione con otto domande relative a sintomi tra cui paura, desiderio di evasione, preoccupazione, ecc.
Risultato: circa il 15% delle donne ha manifestato elevati sintomi di ansia e l'esposizione al particolato è risultata connessa a un maggior rischio di ansia, specie nel caso del PM 2,5. Le donne che abitavano in un raggio compreso tra 50 e 200 metri dalla strada principale mostravano sintomi più accentuati rispetto alle donne che abitano a più di 200 metri dal traffico per tutti i periodi presi in considerazione, anche se i livelli di ansia sono risultati più forti durante il primo mese dall'esposizione allo smog.
Per quanto riguarda le cause del fenomeno, i ricercatori credono che il particolato possa scatenare o peggiorare l'ansia attraverso lo stress ossidativo e l'infiammazione o andando ad aggravare una condizione di salute esistente.
Entrambi gli studi pubblicati su Bmj sono osservazionali e non portano a conclusioni definitive sulla relazione causa-effetto del fenomeno, ma come scrive Michael Brauer dell'University of British Columbia in un editoriale sulla stessa rivista «confermano l'urgenza di gestire l'inquinamento a livello mondiale come una delle cause di cattiva salute» e che ridurre «l'inquinamento dell'aria potrebbe essere un modo efficace per ridurre l'elevato peso derivante da malattie come ictus e cattiva salute mentale».
Fonte: HD HealthDesk Roberta Pizzolante Mercoledì 25 Marzo 2015