Con questa ricerca ANMCO ha voluto capire come veniva utilizzata la terapia farmacologica dopo l'angioplastica in un paziente ricoverato per infarto. E' stata fatta una prima analisi sui comportamenti in termini di prescrizioni e modalità di uso dei farmaci e abbiamo registrato una serie di indicatori che definissero la qualità e la correttezza di quello che veniva effettuato. Quindi, i report ottenuti sono stati restituiti ad ogni singolo centro.
L'osservazione si è concentrata sui pazienti con infarto raccolti in tre settimane in ogni centro. Il totale dei pazienti studiati è 1116. Poi è partita un'attività di formazione, indicando i margini di miglioramento. A distanza di tempo è stata condotta una ulteriore valutazione di altre tre settimane, su circa 1000 pazienti. A conclusione di questo lavoro tutti gli indicatori (come ad esempio l'uso dei farmaci) dicono che dopo questa fase di verifica, controllo e formazione degli operatori i pazienti vengono curati meglio. Ma non basta.
"I pazienti che giungono nei nostri centri presentano un carico pesante di fattori di rischio e di eventi ischemici cardiaci e questo significa che la loro condizione clinica precedente l'infarto non è stata gestita in modo adeguato - fa sapere Furio Colivicchi, Past President di ANMCO e Direttore della Cardiologia Clinica e Riabilitativa dell'Ospedale San Filippo Neri di Roma. Sono pazienti con percentuali molto elevate di diabete, ipercolesterolemia e ipertensione".
Un dato positivo: la maggioranza degli infartuati viene sottoposta ad angioplastica, la quasi totalità esegue la coronarografia: questo significa che le strutture cardiologiche lavorano in modo efficiente ed efficace in termini di interventi terapeutici. E dopo? "È cambiato completamente il modo di trattare alcuni aspetti fondamentali nella genesi e nella progressione della malattia vascolare aterosclerotica che porta all'infarto, in particolare l'ipercolesterolemia - riprende Colivicchi - . Emerge che i cardiologi italiani impiegano una terapia di combinazione, mettendo insieme più farmaci per ridurre il colesterolo LDL nei pazienti infartuati. Inoltre anche le terapie innovative con farmaci biologici, come gli anticorpi monoclonali anti-PCSK9 per la cura dell'ipercolesterolemia, vengono utilizzate in misura maggiore rispetto al passato e proprio in quella fascia di pazienti più gravi in cui la probabilità di una recidiva dell'infarto è molto alta".