Il caregiving familiare in Italia è soprattutto nelle mani delle donne, che ne avvertono tutto il peso e che si trovano a dover bilanciare questo impegno con le proprie necessità, i propri interessi e le proprie aspirazioni. Per quasi 9 donne su 10 questa è una realtà quotidiana e per 1 su 5 di tratta di un impegno sentito come gravoso, poiché alto è il loro livello di coinvolgimento. Sulle donne tende a riversarsi l’onere del caregiving, e spesso si trovano sole quando sono loro stesse malate.
Sono questi i dati di una ricerca condotta da Ipsos per Farmindustria su un campione di 800 donne adulte in Italia.
Secondo la ricerca (“Il ruolo della donna come protagonista e influencer nel caregiving”) soltanto per il 14% delle italiane di 18 anni ed oltre, il coinvolgimento come caregiver è nullo o quasi. Per il restante 86%, con diversi gradi di intensità, l’equilibrismo tra molteplici ruoli e compiti è un esercizio quotidiano.
In particolare, le necessità familiari che ruotano attorno alla sfera della salute, sono in elevata misura di competenza delle donne che sono presenti al momento della prevenzione (66%), vegliano sul percorso terapeutico (65%), sono l’interlocutore privilegiato del medico nella fase della diagnosi (58%), e della terapia (59%).
Questa incombenza è ancor più intensa quando si tratta della salute dei bambini, allorché la donna delega solo in una ristrettissima minoranza di casi al proprio partner la cura (6%) e l’interlocuzione con il pediatra (5%).
Degno di nota anche il livello di autonomia che si rileva quando è la donna stessa ad aver bisogno di cure: nel 46% dei casi di problemi lievi di salute e nel 29% degli eventi più gravi, la donna fa da sé. E fa tanto più da sé, quanto più è già abituata ad assumersi molteplici incombenze (68% delle donne con alto tasso di coinvolgimento nel caregiving si ‘arrangiano da sole’)
In poco meno di un terzo (28%) delle famiglie delle donne intervistate, c’è almeno un soggetto bisognoso di accudimento, perché portatore di una fragilità. In prevalenza si tratta di persone anziane, più o meno autosufficienti (20% in totale) ma in un caso su dieci si tratta di un malato grave o di un soggetto disabile.
Nelle famiglie in cui la donna si occupa di qualcuno gravemente malato (9% dei casi) si tratta quasi sempre una persona anziana (madri, padri, un coniuge), mentre più rari sono i figli gravemente malati ad essere accuditi.
Anche in questo caso, la delega è quasi nulla: un terzo delle donne fa senza aiuti, circa la metà può contare su un aiuto in famiglia mentre soltanto nel 14% dei casi, ci si appoggia ad un aiuto esterno.
Ovviamente questo incide sulla propria soddisfazione personale (51% insoddisfatte, tra coloro che si occupano di un malato grave).
L’elevato coinvolgimento e lo sforzo che il caregiving richiede loro fanno sì che la percezione delle donne rispetto allo stato delle politiche di welfare in Italia risulti arretrato quando confrontato al resto dell’Europa (per il 69% delle intervistate).
«Le donne oggi sono sempre più superdonne», ha commentato il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi. «Sono loro infatti la vera colonna portante della famiglia e della società. L’industria farmaceutica è consapevole del ruolo della donna – precisa Scaccabarozzi – perché, da anni, è “rosa”: la quota femminile è del 42% sul totale, con punte di oltre il 50% nella R&S. Un dirigente su tre inoltre è donna, mentre negli altri settori la quota è di uno su dieci. Ecco perché le imprese si sono dotate di un welfare che permette di conciliare lavoro e vita privata. Si può fare di più e ne siamo consapevoli. Ma partiamo già da risultati incoraggianti. Le nostre aziende – ha concluso Scaccabarozzi – vogliono avere obiettivi sempre più ambiziosi e diventare un esempio da seguire. Tenaci e forti come le donne».
Fonte: HealthDesk, redazione, 8 marzo 2018