Più esposti i paesi poveri dove i danni alla salute dell’inquinamento sottraggono l’1,3% del PIL
Tra le diverse tipologie di inquinamento, quello dell’aria è il più letale: è responsabile di circa 6,5 milioni di morti all’anno, connessi all’insorgenza di malattie cardiache, ictus, cancro e varie malattie respiratorie.
Prendiamo i morti fatti dall’HIV/AIDS ogni anno (1 milione), sommiamo quelli causati dalla tubercolosi (1,8 milioni) e poi ancora quelli dovuti alla malaria (430.000) e a tutte le altre malattie infettive causate da vettori (altri 300.000). Aggiungiamo anche quelli dovuti all’influenza (500.000).
Ecco, tutti insieme non raggiungono nemmeno la metà dei decessi dovuti più o meno direttamente a una sola e trascuratissima causa di mortalità: l’inquinamento. Che, secondo un report pubblicato sulla rivista the Lancet causa qualcosa come 9 milioni di morti ogni anno.
«Sapevamo che l’inquinamento uccide un sacco di gente», ha detto senza giri di parole Philip Landrigan, della Mount Sinai School of Medicine e tra i membri della commissione che ha stilato il report. «Ma non avevamo minimamente idea dell’ampiezza del problema. Penso che nessuno di noi non sia rimasto sorpreso quando abbiamo fatto questa scoperta».
Il progetto, durato due anni, ha raccolto di dati di oltre 130 Paesi documentando le cause di malattia e di morte prematura negli ultimi decenni.
I ricercatori hanno scoperto che tra le diverse tipologie di inquinamento, quello dell’aria è il più letale. Attenzione però: lo studio non si riferisce soltanto al tradizionale smog prodotto da automobili, fabbriche, riscaldamento domestico e quant’altro, ma anche a sostanze meno “convenzionali” come il mercurio e l’arsenico, così come all’inquinamento domestico connesso per esempio alla combustione della legna o all’esposizione a materiali organici come lo sterco (che rappresenta una vera emergenza sanitaria in molti Paesi a basso reddito).
A tutte queste cause i ricercatori attribuiscono circa 6,5 milioni di morti all’anno, connessi all’insorgenza di malattie cardiache, ictus, cancro e varie malattie respiratorie.
L’inquinamento delle acque è invece legato a 1,8 milioni di decessi all’anno derivanti soprattutto da malattie gastrointestinali e altre infezioni. Anche l'inquinamento sul posto di lavoro non è una causa di morte trascurabile che pesa soprattutto sui lavoratori delle aree più povere del mondo. Dal cancro alla vescica nei lavoratori di tinture alla polmonite nei minatori di carbone, i ricercatori hanno scoperto che l'esposizione professionale a vari agenti cancerogeni e tossine è stata legata a circa 800.000 decessi ogni anno.
Nel 2015 il più alto numero di morti connesse all’inquinamento si è registrata in India (2,5 milioni) e Cina (1,8 milioni).
Il problema, avvertono in ricercatori, è enorme. Non solo per l’impatto sulla salute, ma anche per le ricadute economiche.
«Finora, la gente non si è resa conto dell’impatto che simili livelli di inquinamento hanno sull'economia di un Paese», ha affermato Landrigan. «Il controllo dell'inquinamento può stimolare l'economia perché riduce i decessi e l’impatto delle malattie».
Quanto sia forte questo impatto è presto detto: circa l’1,3 per cento del PIL nei Paesi a basso reddito e circa lo 0,5 in quelli ricchi.
Puntare su politiche di contrasto all’inquinamento, quindi, nell’ottica dei ricercatori non è una spesa, ma un investimento molto produttivo. E forse anche per questo sono convinti che il «controllo dell’inquinamento sia una battaglia che si può vincere».
Fonte: HealthDesk, redazione 20 ottobre 2017