Il trattamento intra-arterioso previene l'invalidità nei pazienti con ictus ischemico acuto.
Lo dicono i risultati di uno studio condotto su 500 pazienti con ictus nei Paesi Bassi e pubblicato sul New England Journal of Medicine: la maggioranza dei pazienti colpiti da grave ictus si riprendono meglio e più rapidamente se l’arteria occlusa viene riaperta rapidamente utilizzando un piccolo stent per catturare il trombo ed estrarlo dall’arteria cerebrale con un catetere. Questi pazienti hanno minor danno cerebrale, minori problemi neurologici e miglior funzionalità nello svolgimento delle normali attività quotidiane. Le conseguenze dell’ictus sono spesso gravi e comprendono, tra le altre, paralisi e disturbi della sfera del linguaggio. Se non si interviene, nell’ ictus ischemico acuto, circa la metà dei pazienti che ne sono colpiti resta gravemente invalido.
A oggi, è prassi standard somministrare ai pazienti colpiti da ictus la terapia farmacologica trombolitica per via endovenosa che però è efficace solo in 1 paziente su 10. Ecco perché si è ricercato un metodo nuovo e migliore per riaprire l’arteria occlusa velocemente e in sicurezza: consiste nell’inserire un catetere attraverso una piccola incisione praticata all’inguine e nel farlo salire a un’arteria del collo. Successivamente un catetere sottile viene guidato sino all’arteria cerebrale occlusa. Il trombo viene poi catturato utilizzando un piccolo stent e rimosso con il catetere nel collo.
Lo studio mostra che i pazienti sottoposti a questo nuovo trattamento hanno una miglior ripresa rispetto agli altri. I medici hanno anche riscontrato ai rilievi strumentali minor danni cerebrali dopo l’intervento con questo nuovo metodo. I pazienti hanno avuto minori difficoltà a svolgere normali attività quotidiane quali ad esempio camminare e vestirsi. Non c’è alcuna evidenza che questo intervento prevenga la mortalità. Nello studio non si è riscontrata differenza nel tasso di mortalità fra i pazienti sottoposti all’intervento e quelli che non vi sono stati sottoposti.
Fonte: Articolo HD HealthDesk, 18 dicembre 2014