Argomento del mese

GLI INTERVENTI CHE HANNO CAMBIATO LA STORIA DELL'ICTUS ACUTO

01 Agosto 2013


Articolo del prof. Domenico Inzitari, Professore Ordinario presso la Clinica Neurologica dell'Università di Firenze e direttore della Stroke Unit dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze


Negli ultimi 15 anni una serie di interventi che possono essere applicati al momento dell’insorgenza dell’ictus ischemico hanno modificato in modo sostanziale la storia naturale della malattia. Nel 1995 sono stati  pubblicati i risultati della prima sperimentazione effettuata in Nord America con la trombolisi per via endovenosa. Si tratta di un farmaco (alteplase) che, iniettato molto rapidamente dopo i primi sintomi dell’ictus, può migliorare molto o addirittura risolvere completamente il problema. La velocità con cui si interviene è ancora oggi il limite assoluto. Ogni minuto che passa dopo l’occlusione di un’arteria cerebrale, un milione di neuroni vengo distrutti per il mancato apporto di ossigeno e di glucosio. Ci sono controindicazioni (traumi od interventi chirurgici recenti, uso di farmaci anticoagulanti, malattie che espongono al rischio di sanguinamento) che a volte non consentono di praticarla. Negli ultimi anni si sta allargando l’evidenza che tale terapia può essere praticata anche oltre il limite delle 3 ore (fino a 4 ore e mezza)  ed anche nei pazienti di età superiore agli 80 anni  Esiste una seconda possibilità, che è quella di sciogliere, frammentare o addirittura asportare il coagulo (il trombo o l’embolo) che ha ostruito un’arteria cerebrale. Questo può essere fatto introducendo nelle arterie un microcatetere in cima al quale viene portato all’interno del coagulo un piccolo strumento (device) rappresentato da una retina o stent in grado di intrappolare il coagulo stesso ed asportarlo, riaprendo il vaso e facendo ricircolare il sangue nel tessuto cerebrale che in quel momento è in condizioni di estrema sofferenza. Negli ultimi anni sono stati sperimentati diversi tipi di device, ma quello che attualmente sembra il migliore di tutti si chiama Solitaire. Nei centri che hanno a disposizione questo tipo di intervento, si richiede, oltre una adeguata capacità tecnica degli operatori (di solito neuroradiologi interventisti), una equipe di cui fanno parte anche tecnici radiologi, anestesisti ed infermieri specializzati. E’ necessaria un’attenta selezione perché comunque si tratta di interventi delicati e con un certo rischio. Le indicazioni sono rappresentate o dalla presenza di controindicazioni all’uso della trombolisi per via endovenosa (ad esempio pazienti che fanno gli anticoagulanti), dalla occlusione di un vaso cerebrale maggiore (sono i casi che rispondono meno bene alla trombolisi endovenosa) o dalla inefficacia della trombolisi endovenosa per cui si parla di procedure di recupero (“rescue”). Anche in questo caso, il tempo deve essere molto rapido. Il paziente deve essere poi gestito in una struttura dedicata(stroke unit) da personale molto esperto per il monitoraggio appropriato nella fase post-acuta. Quando va bene,  si assiste ad una ripresa talora entusiasmante delle condizioni del paziente: pazienti con ictus molto grave possono avere in pochi giorni riprendere le funzioni colpite e ritornare ad una vita normale. A livello di tutte le regioni italiane dovrebbero essere creati almeno alcuni centri (di solito negli ospedali regionali) che offrano questo servizio. E’ necessario inoltre un collegamento di tipo telematico tra il Centro che effettua questo tipo di intervento e  gli ospedali periferici che accolgono il paziente in prima battuta, ed un trasporto superveloce  con mezzi adeguati (ambulanza, elicottero) per consentire il trasferimento dei pazienti anche dalla sedi più lontane.

STORIA DI MM.

Il 27 maggio 2013 il sig. MM di 75 anni alle ore 18 ha parlato normalmente a telefono da casa sua (vive da solo, perfettamente autosufficiente ed attivo,  in provincia di Pisa),  con il figlio dicendo che andava a trovare un vicino di casa. Giunto all’abitazione di quest’ultimo, alle 18:45 si è sentito male: è caduto a terra avendo perso la forza agli arti di destra, ed era incapace di parlare. Il vicino ha chiamato il 118 che, constatando la presenza di un ictus cerebrale grave, ha attivato l’elisoccorso. Il Pegaso, decollando dal campo sportivo del paese,  alle ore 20:00 atterra all’ Ospedale di Careggi (Firenze).

In 30 minuti, dalle 20:30 alle 21:00  il sig. MM viene valutato completamente sul piano clinico, di laboratorio e strumentale dai medici del DEA affiancati dal medico reperibile dello Stroke Team Aziendale. Il paziente non è in grado né di parlare né di comprendere,  ha il lato destro del corpo paralizzato, non vede e non esplora visivamente con lo sguardo. Il medico di famiglia, rintracciato dal medico dello Stroke Team a Pisa attraverso una serie di fortunosi contatti telefonici, riferisce che il paziente, affetto da cardiopatia ischemica e fibrillazione atriale, era stato costretto a sospendere il trattamento profilattico con anticoagulanti orali per un grave sanguinamento gastroenterico. L’informazione è di fondamentale importanza, in quanto consente di evitare il trattamento trombolitico per via sistemica, e di avviare rapidamente il paziente al trattamento endovascolare, attraverso cui, con manovre di disostruzione meccanica si ottiene la ricanalizzazione completa dell’arteria cerebrale media occlusa da un embolo.  Alla fine della procedura (ore 24:00) il paziente ha riacquistato la capacità di comprensione del linguaggio parlato ed inizia a verbalizzare. Si assiste inoltre ad un iniziale recupero degli arti colpiti. La mattina dopo, alle ore 10:00, la funzione motoria è del tutto recuperata ed il paziente non è più emianoptico (10 punti in meno alla scala di gravità neurologica NIHSS). La sera del 28 maggio, a distanza di sole 24 ore dall’inizio dell’ictus, il paziente ha recuperato totalmente sia la funzione motoria che quella visiva, essendo in grado di leggere il giornale.

Quattro giorni dopo, in data  1 giugno, avendo già effettuato una valutazione gastroenterologica completa che ha consentito la ripresa della terapia anticoagulante (resa possibile anche per l’assenza di lesione cerebrale estesa), viene trasferito nell’ospedale territoriale di riferimento per ulteriore stabilizzazione del quadro cardiologico-internistico prima della dimissione al domicilio.

Il caso conferma le potenzialità dei trattamenti di rivascolarizzazione nell’ictus cerebrale acuto, la assoluta importanza del soccorso in emergenza urgenza,  e della organizzazione multidisciplinare pronta ed esperta. Tali valenze sono tutte presenti e disponibili nell’organizzazione territoriale del sistema dell’emergenza in Toscana, e nella efficienza del percorso ictus a Careggi.

L'autore dell'articolo è a disposizione in questo mese per tutti coloro che volessero chiarimenti sull'argomento trattato. Potete inoltrare le vostre domande all'indirizzo di posta elettronica [email protected] presente sul sito  e vi sarà data risposta privatamente. Allo scadere del mese, l'articolo sarà reperibile in archivio e sarà cura della Segreteria rispondere ai vostri quesiti

 

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