La massima a 140 potrebbe non essere sufficiente per prevenire infarti e ictus per le persone che stanno già assumendo farmaci. Meglio scendere sotto i 120
Siete tra quelli con la pressione sempre al limite? Con la massima che balla tra i 140 e i 150 anche se prendete le vostre pasticche quotidiane? Oppure tra quelli che, tra mille sacrifici, riescono a tenerla a bada, sotto i 140?
Ebbene, se fino a ieri vi siete sentiti tranquilli, forti delle rassicurazioni del vostro medico e delle linee guida (che proprio a 140 fissano l’obiettivo per chi assume farmaci), da oggi è il caso di cominciare a preoccuparvi. E prendere in considerazione un regime terapeutico più aggressivo che faccia scendere la maledetta massima al di sotto dei 120 millimetri di mercurio.
Un grande studio clinico (SPRINT) sponsorizzato dai National Institutes of Health (qualcosa di analogo all’italiano Istituto Superiore di Sanità) è infatti giunto a questa conclusione: 140 millimetri di mercurio non è un obiettivo sufficiente, scendere ulteriormente nei livelli pressori è molto più sicuro.
Ma procediamo con ordine: lo studio è stato condotto su una specifica popolazione. Non in persone sane, ma in individui ipertesi (e dunque già con pressione alta) che assumevano farmaci per controllarla.
Per queste persone, le linee guida stabiliscono che i valori pressori che si dovrebbero raggiungere grazie alla terapia dovrebbero essere intorno ai 140 (o i 130 se ci sono anche altre malattie che potrebbero peggiorare a causa dell’alta pressione).
I ricercatori hanno voluto capire cosa succede se, grazie ai farmaci, si riducono questi livelli al di sotto dei 120 millimetri di mercurio, così metà dei circa 9 mila ultracinquantenni arruolati ha assunto i tradizionali due farmaci per la pressione a dosaggi tali da arrivare all’obiettivo di 140, l’altra metà è stata sottoposta a una terapia più aggressiva (comprendente fino a tre farmaci) in modo da far abbassare la pressione massima (sistolica) sotto i 120.
È venuto fuori che i pazienti che sono riusciti ad abbassare al di sotto dei 120 millimetri di mercurio la pressione massima avevano meno rischi di andare incontro a ictus, infarti e di morire per queste patologie. I risultati sono apparsi così lampanti che i ricercatori hanno deciso di interrompere in anticipo la ricerca, dal momento che sarebbe stato poco etico somministrare a uno dei due gruppi un trattamento chiaramente meno efficace dell’altro. Intanto, si stanno elaborando i dati relativi agli effetti di questo regime terapeutico più aggressivo sulle malattie renali e la funzione cognitiva.
Però, c’è già chi storce il naso. I risultati completi dello studio non sono ancora stati pubblicati su nessuna rivista e quindi non sottoposti al vaglio della comunità scientifica. Ma, data la forza dei National Institutes of Health americani, già da oggi potrebbero cambiare pratica clinica con milioni di pazienti nel mondo indotti a rivedere i propri trattamenti sulla base di dati ancora del tutto incerti.
Fonte:HD HealthDesk, Redazione14 Settembre 2015