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Fibrillazione atriale: quando il paziente viene ascoltato la terapia ha più successo

28 Settembre 2020

Relazione

 

La terapia per la fibrillazione atriale non va prescritta ma discussa. Il paziente parla, il medico ascolta e insieme, dopo aver valutato i pro e i contro, si concorda un piano terapeutico personalizzato. Il dialogo fa la differenza: il trattamento per l’aritmia cardiaca funziona meglio se è frutto di una scelta condivisa. Per questo le nuove linee guida della European Society of Cardiology (ESC) invitano i medici a coinvolgere i pazienti e i loro famigliari nelle decisioni sul trattamento. 

«Un piano di cura personalizzato dovrebbe essere concordato dopo che i pazienti e la loro famiglia abbiano discusso i vantaggi e i limiti di ciascuna opzione terapeutica con un team interdisciplinare che include cardiologi, infermieri e psicologi. Il successo del trattamento dal punto di vista del paziente dovrebbe essere valutato raccogliendo regolarmente informazioni sulla qualità della vita, i sintomi, la funzione cognitiva e la capacità di lavorare ed essere fisicamente attivi», si legge nelle linee guida. 

Il piano terapeutico è personalizzato ma deve rispettare alcuni principi generali: la prevenzione dell’ictus, per esempio, deve rimanere uno degli obiettivi cardine del trattamento. I cardiologi dell’ESC invitano a seguire il percorso Atrial fibrillation Better Care (ABC) per la gestione della patologia, dove A sta per “Anticoagulation/Avoid stroke, B sta per “Better symptom management”, C sta per “Cardiovascular and Comorbidity optimisation”. 

Rispettare l’ABC della gestione della fibrillazione atriale significa ricorrere a farmaci anticoagulanti per prevenire l’ictus (tranne nei pazienti a basso rischio), a medicinali specifici per mantenere sotto controllo le aritmie, a interventi per controllare altre condizioni di salute che possono aggravare la condizione (fumo, ipertensione, alcol, peso eccessivo). Pur restando all’interno di questi confini, ci sono ampi margini di manovra nella scelta delle terapie e degli interventi indicati per i singoli pazienti, ognuno dei quali ha esigenze diverse. Un capitolo delle nuove linee guida, dedicato proprio ai diversi tipi di pazienti, dà indicazioni su come adattare il piano Abc alle diverse situazioni. Le donne in gravidanza che soffrono di fibrillazione atriale, per esempio, non possono assumere i nuovi anticoagulanti orali (Nao) e per quelle che assumono il warfarin è controindicato il parto vaginale per il rischio di emorragie. Gli atleti, soprattutto quelli che svolgono sport di resistenza, devono essere al corrente di avere un maggior rischio di sviluppare fibrillazione atriale. Chi assume anticoagulanti orali dovrebbe evitare gli sport di contatto per il rischio di sanguinamento. 

Infine, non potevano mancare nelle nuove linee guida i focus sullo screening e sulla prevenzione. I cardiologi raccomandano lo screening per le persone over 65 e per tutte le persone che soffrono di pressione alta. Le app, i braccialetti e gli smartwatch non sono sempre validati clinicamente ed è meglio quindi affidarsi a un medico e al tradizionale elettrocardiogramma. Per quanto riguarda la prevenzione non ci sono grandi novità. Uno stile di vita sano è la migliore arma per allontanare i rischî di fibrillazione atriale. 

«Le persone con stili di vita malsani hanno maggiori probabilità di sviluppare fibrillazione atriale.  Il rischio può essere ridotto modificando lo stile di vita, ad esempio mantenendo sotto controllo il peso e svolgendo un'attività fisica moderata», ha dichiarato Tatjana Potpara, che fa parte della task force che ha redatto le linee guida.

Fonte: HealthDesk, articolo di redazione 3 settembre 2020

 

 

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