Novità scientifiche

FARMACI Nuovi anticoagulanti orali promossi anche nel "mondo reale"

29 Gennaio 2018

Efficacia e sicurezza confermate in uno studio condotto su 60 mila pazienti

La percentuale di sanguinamento nei 30 giorni successivi all'inizio della terapia variava tra lo 0,2 e il 2,9 per cento sia per i nuovi anticoagulanti orali che per il farmaco di riferimento, il warfarin

Quando sono arrivati sul mercato, pochi anni fa, promettevano di rivoluzionare il trattamento di diverse condizioni cardiovascolari connesse al rischio di formazione di coaguli sanguigni, dalla fibrillazione atriale al tromboembolismo venoso. 

I nuovi anticoagulanti orali, infatti, presentavano vantaggi non da poco per i pazienti: a differenza dei farmaci impiegati fino ad allora (come il warfarin) la loro efficacia non è condizionata da fattori esterni (per esempio la dieta), non richiedono controlli continui per verificare i parametri della coagulazione né continui aggiustamenti di dosaggio. 

Ma la loro efficacia e sicurezza? 

VITA REALE

Sottoposti al canonico iter della sperimentazione, le nuove medicine avevano già dimostrato di essere almeno altrettanto efficaci e di avere gli stessi rischi di sanguinamento del farmaco di vecchia generazione: il warfarin. 

Durante i trial clinici, però, le nuove molecole vengono testate su gruppi di pazienti selezionati con specifici criteri che, per quanto possano avvicinarsi, non saranno mai lo specchio fedele della popolazione reale. Per questa ragione un gruppo di ricercatori canadesi ha voluto sottoporre i farmaci di nuova generazione alla chiarificatrice prova del “real world”. Andando a toccare con mano gli effetti dei due tipi di farmaci sui pazienti che li utilizzano. I risultati sono stati ora pubblicati sul British Medical Journal e confermano la bontà dei nuovi farmaci.

Gli scienziati hanno analizzato i dati di 60 mila adulti con tromboembolismo venoso in cura presso strutture sanitarie di sei distretti del Canada e degli Stati Uniti tra il 2009 e il 2016. 

Entro 30 giorni dalla diagnosi ad alcuni pazienti erano stati prescritti gli anticoagulanti orali (12.489), ad altri 47 mila (il warfarin). Tutti i pazienti reclutati sono stati monitorati per circa 85 giorni. I ricercatori hanno tenuto il conto degli episodi di sanguinamento con ricovero o senza e dei decessi per qualunque causa entro i 90 giorni dall’inizio della terapia. 

NESSUN RISCHIO AGGIUNTIVO

Durante il periodo di osservazione, si sono contati quasi 2 mila episodi di emorragia e mille decessi. Con nessuna differenza tra i due tipi di farmaci. I medicinali di nuova generazione hanno mostrato lo stesso rischio di emorragie rispetto a quelli tradizionali. La percentuale di sanguinamento nei 30 giorni successivi alla terapia variava tra lo 0,2 per cento e il 2,9 per cento sia per i nuovi anticoagulanti orali che per il warfarin. Anche nei 60 giorni successivi all’inizio della terapia le due generazioni di farmaci finivano il confronto in parità. 

Inoltre, non è emersa alcuna differenza tra le due terapie per quanto riguarda il rischio di morte. E, a ulteriore dimostrazione dell’equivalenza delle due terapie, i risultati sono rimasti invariati anche quando i ricercatori hanno allungato a 180 giorni il periodo di osservazione. 

«Questo studio multicentrico che ha coinvolto la popolazione suggerisce che i nuovi anticoagulanti orali non sono associati a un maggior rischio di sanguinamento nel tromboembolismo venoso», hanno concluso i ricercatori che si accingono ora a studiare gli anticoagulanti orali diretti nei pazienti con grave compromissione renale.

 

Fonte: HealthDesk, redazione 18 ottobre 2017

 

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