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Emorragia Subaracnoidea & Aneurisma Cerebrale: una patologia curabile!

01 Luglio 2014


 

L’Emorragia SubAracnoidea (ESA) è una grave forma di Ictus Cerebrale caratterizzato dall’improvvisa fuoriuscita di sangue tra le meningi che avvolgono il cervello causata, più frequentemente, dalla rottura di una dilatazione patologica della parete arteriosa: l’aneurisma cerebrale.

Si verifica più frequentemente tra i 40 ed i 60 anni, anche se può accadere dall’infanzia fino all’età avanzata ed è approssimativamente 1.6 volte più frequente nelle donne rispetto agli uomini.

L’incidenza dell’ESA è approssimativamente di 9 casi  per 100.000 abitanti per anno, rappresentando circa il 7-8% delle diverse forme di ictus.

L’aneurisma cerebrale è una condizione molto frequente, si calcola infatti che circa il 2-6% della popolazione ne è portatrice, ma solo in alcuni casi (pochi percentualmente) va incontro a rottura causando l’emorragia.

In Italia ogni anno sono circa 5500 i cittadini colpiti da ESA da rottura di aneurisma, e circa 4000 le persone alle quali viene diagnosticato la presenza di un  aneurisma “non rotto” nel corso di indagini eseguite per altre patologie o per sintomatologia  neurologica ed esso correlata.

Nonostante i grandi progressi diagnostici e terapeutici, l’ESA resta una grave malattia che è causa di morte in circa il 50% di casi e di invalidità in circa 1/3 dei sopravvissuti; per i pazienti ricoverati la mortalità può essere pari a circa il 17%.

L’Emorragia Subaracnoidea così come tutti gli altri tipi di ictus (ischemie, emorragie intracerebrali etc.) rappresenta un’emergenza sanitaria; vale a dire una condizioni per la quale la possibilità di sopravvivenza è strettamente legata al tempo intercorso tra l’evento emorragico ed il ricovero presso un centro adeguatamente attrezzato per le opportune cure. Anche per l’ESA vale l’aforisma “Time is Brain” (il Tempo è Cervello): il ricovero e l’intervento, in un lasso di tempo il più breve possibile dall’emorragia, è una delle chiavi del successo.

 

Le principali opzioni terapeutiche di cui si dispone oggi per la cura dell’aneurisma cerebrale sono: l’intervento microchirurgico, con l’esclusione dell’aneurisma dal circolo arterioso mediante l’applicazione di clip metalliche; ed il trattamento endovascolare, con “navigazione” endoarteriosa di micro-cateteri attraverso le arterie, per il posizionamento di spirali metalliche nella sacca dell’aneurisma e/o di “stent” nel lume arterioso.

La possibilità di “successi” nel trattamento degli aneurismi e strettamente “operatore dipendente”, dipendente cioè dal livello di competenze teorico/pratiche acquisite dal singolo operatore neuroradiologo-interventista o neurochirurgo-vascolare. Numerosi studi hanno confermato che la percentuale di risultati positivi nella cura degli aneurismi cerebrali è in stretto rapporto con il “volume di attività” dell’unità operativa e quindi con la frequente e regolare attività nel trattare casi simili.

Questo è un campo in cui le capacità dell’uomo-operatore prevalgono sul supporto dato dagli ausili tecnologici.

E’ per questi motivi che negli ultimi anni la comunità scientifica internazionale è stata attraversata da un serrato dibattito sugli aspetti organizzativi dell’assistenza all’ESA e sulla formazione del personale dedicato.

E’ convincimento generale infatti, che “al fine di migliorare la prognosi dei pazienti colpiti da ESA per rottura di un aneurisma intracranico, sia necessario migliorarne la “gestione sanitaria”, intendendo con tale termine l’insieme di misure che, basandosi sulle conoscenze e sulle tecnologie più aggiornate, mirano alla prevenzione della malattia e ad una sua gestione ottimale. L’esperienza maturata nella cura di questa patologia dimostra che è proprio la gestione del paziente elemento rilevante a determinarne la prognosi; e che spesso una cattiva gestione, vanifica l’enorme mole di energie e competenze che dovrebbe portare a risultati ottimali.

I dati riportati dai centri più qualificati dimostrano che per questa particolare patologia, la cui storia naturale è ancora gravata da un’elevata mortalità e morbidità, esiste un buon grado di curabilità, se trattato presso un numero limitato di centri di competenza, laddove allocare competenze e risorse: non più di  1 Centro di Riferimento per ogni 1-2 milioni di abitanti, inserito in “rete”  con i centri “periferici” e collegati tra di loro.

Purtroppo la mancanza di una adeguata politica di programmazione sanitaria, fa si che in molte regioni del nostro paese, questa patologia venga oggi assistita in un numero troppo elevato di centri; causa di una eccessiva “dispersione” dei pazienti, che impedisce il raggiungimento di una idonea esperienza per singolo operatore, nonostante le chiare indicazioni fornite dal Ministero della Salute nel suo “Quaderno della Salute” n.14 del Marzo 2014.

 

La consapevolezza è la prima efficace forma di prevenzione! I cittadini consapevoli dovrebbero familiarizzare con il fatto che, per quanto possa apparire rassicurante l’idea di essere curati nell’ospedale “sotto casa”, in realtà proprio ciò potrebbe esporli a gravi rischi.

Occorre invece divulgare la cultura della prevenzione, fatta di: rapido riconoscimento dei sintomi; trasporto rapido e protetto presso il centro di riferimento di zona inserito in una “rete regionale” di centri di assistenza; presa in carico da personale dedicato, in grado di offrire assistenza ai massimi livelli di competenza.

Mossi da tali considerazioni in alcune regioni, ALICe ha fornito il suo contributo partecipando ai “gruppi di lavoro” per  disegnare la rete per l’emergenza ESA, parallela ed integrata con quella delle “stroke unit”.

Anche su altri aspetto dell’assistenza all’ESA  è auspicata l’azione dell’associazione dei familiari e dei pazienti, per il suo “contributo all'umanizzazione dei servizi e per le istanze etiche di cui è portatrice”, come ad esempio sulla “verifica di qualità” delle prestazioni sanitarie, rivendicando l’istituzione dei Registri Regionali per l’ESA e la verifica dell’applicazione dei protocolli di trattamento e dei percorsi assistenziali.

 

Un migliore approccio alla cura dell’ESA e all’aneurisma cerebrale, passa anche attraverso il rafforzamento del “patto per la salute” tra cittadini ed operatori sanitari, con l’obiettivo di accelerare quel processo di superamento del vecchio rapporto “paternalistico” medico/paziente, verso una più matura consapevolezza del cittadino basato sulle “evidenze”, alla quale ALICe può contribuire con sistematiche campagne di informazione/formazione.

 

Nei momenti decisionali sulle scelte terapeutiche - come fornire il consenso a trattare o non trattare un aneurisma non rotto, nonchè sulle  diverse opzioni terapeutiche - come fornire il consenso al trattamento chirurgico e/o a quello endovascolare, le persone sono sole, mentre auspicherebbero sostegno ed adeguata informazione, laddove sebbene nella stragrande maggioranza dei casi l’interlocutore è un operatore sanitario competente e rispettoso; talvolta questi potrebbe risultare non adeguatamente preparato ad un confronto rispettoso della integrità psico/fisica della persona, se non timoroso di risvolti medico/legali che spingono verso la medicina “difensiva”.

 

Anche in tale direzione sarebbe auspicabile una azione di ALICe in attuazione della sua principale “mission”: quella di dare dignità alle persone di fronte all’ictus cerebrale ischemico ed emorragico.

 

Per saperne di più:

http://www.alicecampania.it/images/stories/Aneurisma_Cerebrale.pdf   

 

 

ALICe

A.L.I.Ce. Italia ODV

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