I risultati del primo audit clinico realizzato da ANMCO. Importante aumentare l'appropriatezza delle terapie. Ma dopo la fase acuta è fondamentale il controllo personalizzato dei fattori di rischio. Seguendo sempre le indicazioni del cardiologo
Prima regola? Sempre la stessa. Arrivare presto. Appena compaiono segni e sintomi che fanno pensare ad un infarto, non bisogna perdere tempo. Grazie alle cure e a trattamenti come l'angioplastica, da eseguire prima possibile, si è ridotta dal 16% al'8% la mortalità a 30 giorni dall'evento acuto. Ma poi, qualche settimana dopo l'evento acuto e il ritorno a casa, non si deve abbassare la guardia. Ed occorre un percorso su misura, caso per caso, con il controllo attento dei fattori di rischio. Gli obiettivi da raggiungere, in chi ha già avuto una seria ischemia cardiaca, sono infatti molto più stringenti. Ma vanno raggiunti.
Per la salute dei pazienti. A segnalare queste necessità, nell'ottica del miglioramento dell'assistenza a chi soffre di patologie cardiovascolari, sono i risultati del primo Audit clinico condotto e promosso dall'ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) e con il supporto non condizionante di Amgen, presentato nel corso del Congresso Nazionale. L'iniziativa ha coinvolto 50 Centri cardiologici ospedalieri distribuiti sul territorio nazionale con il coinvolgimento di circa 500 cardiologi, praticamente il 10% di tutti gli specialisti che operano nella sanità pubblica. E mostra un quadro in chiaroscuro, mettendo in luce quanto e come la prevenzione attraverso il controllo dei fattori di rischio risulti basilare, sia prima che soprattutto dopo l'attacco cardiaco.