Tra tempi di attesa insostenibili e difficoltà a sottoporsi a visite specialistiche valutate adeguate, gli italiani si dicono insoddisfatti del Servizio Sanitario Nazionale: quasi 9 su 10 ritengono che il principale problema è legato ai tempi di attesa per una prima visita (per 88% degli italiani si aspetta troppo), per esami diagnostici specifici o per esami di controllo (85%) e per le liste d’attesa per eventuali interventi chirurgici (84%).
Tra tempi di attesa insostenibili e difficoltà a sottoporsi a visite specialistiche valutate adeguate, gli italiani si dicono insoddisfatti del Servizio Sanitario Nazionale: quasi 9 su 10 ritengono che il principale problema è legato ai tempi di attesa per una prima visita (per 88% degli italiani si aspetta troppo), per esami diagnostici specifici o per esami di controllo (85%) e per le liste d’attesa per eventuali interventi chirurgici (84%). Inoltre, quasi 7 italiani su 10 considera difficile reperire uno specialista, mentre 5 su 10 lamentano di non riuscire a trovare sempre medici competenti. Il 49% ripone piena fiducia nel SSN, mentre il 51% non si fida. Quasi 8 italiani su 10 sono critici sulla qualità del sistema sanitario regionale, che salgano a 9 su 10 se si guarda a quello nazionale. Quale dato positivo oltre metà degli italiani si sente in buona salute.
È questo in estrema sintesi l’esito del “check-up” sulla salute degli italiani e sul Sistema sanitario nazionale che emerge da EngageMinds Hub, Centro di ricerca dell’Università Cattolica, campus di Cremona diretto dalla professoressa Guendalina Graffigna. L’indagine rivela che gli italiani sono sempre più attenti nella gestione della loro salute, ma che non per tutti il personale sanitario risponde adeguatamente alle esigenze e soprattutto il Sistema sanitario nazionale sembra non stare al passo con le richieste dei cittadini. La survey, su un campione rappresentativo del Paese[1], mostra una spaccatura tra gli italiani per quanto riguarda la percezione della competenza dei medici: più critiche le donne (55%), coloro che si orientano politicamente a destra (59%) e chi ha una bassa fiducia nel Servizio Sanitario Nazionale (54%). Rispetto alle difficoltà sui tempi di prenotazione per una prima visita espressa da 9 italiani su 10, le donne manifestano maggiormente questo disagio (90%), forse perché tradizionalmente sono loro a farsi maggiormente carico delle iniziative di cura della famiglia. A seguire troviamo le persone che vivono nel Sud Italia e nelle Isole (90%), gli over 59 (94%) e gli italiani che hanno una malattia cronica (95%).
Inoltre, 6 italiani su 10 riferiscono di essere in buono stato di salute, poco più di 2 su 10 gode di una salute molto buona, mentre quasi 2 su 10 dichiara di avere uno stato di salute non ottimale. Non solo, in generale gli italiani ritengono di essere in grado di gestire la propria salute in modo efficace (67%) credendo sia importante collaborare con il personale sanitario (circa 8 italiani su 10), per occuparsene al meglio. In realtà però quando rilevano sintomi che ritengono inusuali o variazioni nel loro stato di salute, solo 4 su 10 ne parla con il medico. Coloro che sono abituati a confidarsi con i medici, sono per la maggior parte gli anziani (68%), chi ha alta fiducia nel Servizio Sanitario nazionale (73%) e nella ricerca scientifica (65%). E ancora il 47% degli italiani non condivide con i medici di famiglia le preoccupazioni sullo stato di salute. Lo studio segnala però una crescita significativa rispetto al gennaio 2022 della percentuale degli italiani che danno valore alla collaborazione con il personale sanitario: si è passati da un 71% del 2022 all’80% del 2024.
“Le evidenze rilevate dall’ultimo Engagement Monitor - dichiara Guendalina Graffigna, direttrice di EngageMinds Hub dell’Università Cattolica - tratteggiano sì il quadro di un cittadino italiano sempre più attento alla sua salute e proattivo nella gestione della cura, ma le cui aspettative di “engagement” nel percorso sanitario sono in qualche modo frustrate dall’esperienza di un personale sanitario non sempre disponibile o pronto a cogliere anche questa nuova dimensione partecipativa e psico-sociale del paziente”. Ecco che oltre 7 italiani su 10 ritengono che il Governo debba investire più risorse sul sistema sanitario pubblico, mentre solo 2 connazionali su 10 pensano che sia meglio farlo nel privato. E ancora, oltre 8 italiani su 10 sono sfiduciati sull’impatto reale del PNRR in tema di riforme da attuare in ambito sanitario.
“Gli italiani appaiono divisi tra chi guarda di buon grado la sanità privata (tendenzialmente tra i più giovani) e chi invece auspica maggiori investimenti e rilancio della sanità pubblica - continua Graffigna -. In generale quello su cui si dovrebbe investire è anche la promozione di un engagement consapevole dei cittadini nella loro fruizione del sistema sanitario nazionale, volto a valorizzarne la dimensione di bene comune, e quindi di corresponsabilità dei fruitori stessi nella sua efficienza e sostenibilità”.
Fonte: Sole 24 Ore sanità 16 aprile 2024