Prendersi cura di chi si prende cura. È questo, in sostanza, che ci si aspetta da una società che fa affidamento sui caregiver per l’accudimento delle persone non autosufficienti.
Prendersi cura di chi si prende cura. È questo, in sostanza, che ci si aspetta da una società che fa affidamento sui caregiver per l’accudimento delle persone non autosufficienti. È quanto rivendicano i familiari e gli assistenti “informali” nell’indagine “Il caregiver nelle malattie rare, oncologiche e croniche” realizzata da Elma Research nell’ambito del progetto “Caregiver, Valore per la Cura” promosso da AIPaSIM in partnership con Takeda.
La ricerca che ha coinvolto oltre 300 caregiver è nata con l’obiettivo di sensibilizzare istituzioni, opinione pubblica e media sul ruolo fondamentale svolto dai caregiver e sull’urgenza di dare risposte ai loro bisogni, promuovendone il riconoscimento giuridico e la tutela sociale ed economica. La campagna è supportata da una coalizione di 30 Associazioni di pazienti attive nell’ambito delle malattie croniche, oncologiche e rare.
A partire dai risultati dell’indagine AIPaSIM e le 30 Associazioni hanno messo a punto un Position Paper con le richieste in 4 punti dei caregiver alle istituzioni.
Vita da caregiver
In oltre la metà dei casi (55%) i caregiver assistono un genitore, seguito dal partner (16%). Le attività di assistenza occupano circa 6 ore al giorno e comprendono il supporto affettivo e morale, la gestione della routine quotidiana del paziente, l’organizzazione di visite e terapie e il disbrigo della burocrazia medica, come le pratiche di invalidità e accompagnamento.
La quotidianità del caregiver è faticosa e molto complessa: il 64 per cento dei caregiver segue il percorso sanitario del paziente, il 60 per cento le pratiche burocratiche e il 46 per cento lo supportano nella gestione delle terapie; il 51 per cento dei caregiver per l’assistenza si avvale di sanitari a pagamento, ma il medico di famiglia si conferma come il principale supporto.
Il vissuto psicologico è quanto mai sfaccettato. A fronte di un forte carico sia fisico che psicologico riferito dal 67 per cento del campione, il 71 per cento vive il proprio operato come “utile” e “gratificante”.
L’83 per cento mostra addirittura un engagement elevato rispetto alla propria attività e alla vicinanza con la persona assistita. I caregiver esprimono soddisfazione nello svolgere un compito così impegnativo che, seppur gravoso, rafforza il legame con il proprio caro.
L’indagine fa emergere anche alcuni significativi elementi critici nell’attività di caregiving: in primo luogo, la gestione del tempo riservato all’assistito e in parte sottratto al partner e ai figli, al lavoro e a sé stesso; il forte dispendio di energie fisiche, mentali ed emotive; la mancanza di competenze, soprattutto nel dare supporto al proprio caro; gli aspetti burocratici/organizzativi, che rappresentano il vero “scoglio” per tutti i caregiver.
Sul fronte delle richieste il 78 per cento riferisce la necessità di servizi socioassistenziali e tra questi quello maggiormente desiderato è l’assistenza domiciliare (34%) seguito dalla consegna dei farmaci a casa (34%) e da facilitazione del trasporto; una maggiore informazione sul piano della tutela e dei diritti assistenziali e previdenziali del paziente, nonché sulle questioni pratiche inerenti la propria attività, è richiesta dal 56 per cento dei caregiver; mentre il 46 per cento sente il bisogno di un supporto psicologico per l’alto carico emotivo che l’attività di caregiving comporta con fasi alterne di scoraggiamento e sfiducia.
Il position paper: curarsi di chi cura
A tutte queste esigenze rispondono i 4 punti del Position Paper condiviso e stilato dalle Associazioni con AIPaSIM:
Le richieste, riunite nel Position Paper sottoscritto da AIPaSIM, dalle Associazioni pazienti e dai parlamentari, sono state presentate alle Istituzioni durante l’evento nazionale e sono finalizzate ad attivare le azioni e gli interventi necessari al sostegno dei caregiver familiari.
Fonte: HealthDesk redazione 20 febbraio 2024