Aziende e Istituzioni possono avere un ruolo centrale nella promozione della salute, partendo proprio da quella dei propri dipendenti. L'ultima conferma viene dai risultati della campagna “Lavora con il Cuore”, avviata dalla Fondazione italiana per il cuore e condivisa con il ministero del Lavoro
Per chi non lo ricordasse o non lo sapesse, in Italia, secondo i dati 2014 dell’Istituto superiore di sanità, 127 mila donne e 98 mila uomini muoiono ogni anno per ictus e malattie del cuore. E spesso molte di queste morti avvengono prima dei 60 anni di età. Inoltre, per queste malattie ogni anno l'Italia sopporta un onere di circa 21 miliardi di euro, tra costi diretti e indiretti.
Dell’impatto socio-economico, con particolare riferimento al mondo del lavoro, si è parlato mercoledì 18 gennaio a Roma al ministero del Lavoro, in occasione di un incontro promosso dalla Fondazione italiana per il cuore (Fipc). «La promozione di una sempre più forte cultura della prevenzione cardiovascolare è un passo fondamentale verso un approccio congiunto tra aziende e Istituzioni» sottolinea Emanuela Folco, presidente della Fipc. «Come Fondazione ci siamo sempre posti in qualità di garante della bontà di progetti di alto valore sociale come “Lavora con il Cuore”».
La campagna di prevenzione. Tra dicembre 2015 e febbraio 2016 la campagna si è svolta nelle sedi centrali del ministero del Lavoro a Roma e ha coinvolto circa 550 persone (25,8% uomini e 74,2% donne), il 56% dei dipendenti, «con ottimi risultati in termini di informazione e sensibilizzazione» sottolinea Stefania Cresti, direttore generale per le Politiche del personale. Tra i dati rilevati, Cresti ricorda che il 10,5% delle persone coinvolte non aveva alcuna conoscenza dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari sebbene il 35% fossero fumatori o ex fumatori, il 20% tenesse uno stile di vita sedentario e ben il 21% circa ha scoperto in quella occasione di avere fattori di rischio cardiovascolare aumentato. Inoltre, dalle valutazioni effettuate sui dati della campagna in collaborazione con il Servizio Prevenzione e protezione del Cnr di Roma e la Società italiana studio arteriosclerosi (sezione Lazio) è emerso che il 98% dei lavoratori ha giudicato molto positiva l’iniziativa precisando, nell’81% dei casi, che la campagna ha permesso di migliorare le conoscenze sui fattori di rischio cardiovascolari. Il 97%, inoltre, ha dichiarato che avrebbe tenuto conto dei consigli ricevuti e il 68,5% si è detto intenzionato a parlarne con il proprio medico. Oltre ai dipendenti del ministero del Lavoro, la campagna ha coinvolto anche i dipendenti della sede di Milano di Sanofi e l'Unamsi (Unione nazionale medico scientifica di informazione) per un totale superiore a 870 persone.
I costi. I costi diretti delle malattie cardiovascolari per il Servizio sanitario nazionale sono di circa 16 miliardi di euro all’anno, ai quali vanno aggiunti circa 5 miliardi di euro in termini di costi indiretti calcolati principalmente come perdita di produttività. La spesa annuale per invalidità previdenziale ammonta in Italia a circa 10 miliardi di euro, che sale a 16 miliardi per invalidità assistenziali, senza contare i lavoratori del settore pubblico e le assenze dal lavoro per malattia. «In questo contesto – osserva Massimo Piccioni, coordinatore generale medico legale dell'Inps - è fondamentale considerare che, a costi invariati, è possibile una redistribuzione delle risorse a favore di una maggiore allocazione sul versante della prevenzione, come investimento volto ad evitare l’invalidità». Opinione condivisa anche da Francesco Saverio Mennini, direttore del Centre for Economic Evaluation and HTA (EEHTA) dell'università romana di Tor Vergata: «Prevenzione, corretta gestione del paziente e corretta somministrazione delle tecnologie e delle terapie possono incidere positivamente innanzitutto sul miglioramento dell’efficacia dell’intervento e della qualità di vita del paziente e garantire, nel medio-lungo periodo, anche una riduzione importante della spesa sanitaria, previdenziale e dei costi sostenuti direttamente dalle famiglie».
I dati «ci dicono che siamo obbligati a prendere la strada della prevenzione» commenta infine Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro, intervenuto all'incontro. «Sono convinto che si stia aprendo una nuova stagione illuminata, in cui il mondo del lavoro si coalizza sempre più con tutti i soggetti che si occupano della salute dei cittadini. La salute del singolo individuo, infatti, è certamente un bene primario – prosegue - ma lo è ancor più se anche il contesto lavorativo lo sostiene con adeguate e integrate politiche di welfare».
Fonte: HD HealthDesk, redazione, 18 gennaio 2017