Prof. Carlo Gandolfo - Ordinario di Neurologia - Presidente di A.L.I.Ce. LIGURIA ONLUS
INTRODUZIONE
L’Afasia è un’alterazione acquisita dell’uso dei simboli verbali, in assenza di gravi turbe dell’intelligenza e di disfunzioni degli apparati sensoriali o motori (Loeb C, Favale E. Neurologia di Fazio-Loeb, Società Editrice Universo, 2003). Ne consegue una compromissione del linguaggio caratterizzata da errori dell’espressione orale, disturbi della comprensione e difficoltà di reperimento dei vocaboli. L’afasia si manifesta per lesioni di specifiche aree perisilviane dell’emisfero “dominante”, in soggetti che hanno già l’uso della parola e deve essere, pertanto, distinta dai difetti di sviluppo del linguaggio rilevabili in età evolutiva. L’afasia è l’incapacità di elaborare il linguaggio e, quindi, di produrre e comprendere i messaggi verbali, traducendo pensieri e stati d’animo in sequenze significative di tipo sonoro, grafico o gestuale, e viceversa. Tale disturbo, spesso associato ad altre alterazioni neurologiche significative, come emiparesi, emianopsia, disturbi delle sensibilità, è dovuto nella maggior parte dei casi ad un ictus, che può essere sia di tipo ischemico, sia di tipo emorragico.
La classificazione delle afasie, come intesa in base alla valutazione clinico-semeiotica ed alle correlazioni con le sedi lesionali è esemplificata nella figura seguente.
Figura 1
EPIDEMIOLOGIA DELL’AFASIA
L’epidemiologia studia l’andamento di una condizione morbosa nella popolazione, in termini diincidenza e prevalenza (epidemiologia descrittiva), ma analizza anche i fattori di rischio, i fattori causali, la storia naturale, la prognosi e l’effetto degli interventi sanitari (epidemiologia analitica).
Secondo i dati dell’associazione americana degli afasici (www.aphasia.org) l’afasia è conseguenza dell’ictus in circa l’85% dei casi, mentre il restante 15% è dovuto per lo più a patologia traumatica, a tumori cerebrali, ad encefalite o a malattie degenerative dell’encefalo. Se noi consideriamo una popolazione non selezionata di soggetti con ictus nella fase acuta della malattia un disturbo classificabile come afasia è presente in circa il 30% dei casi.
I dati della più recente letteratura internazionale sono riportati nella figura 2.
Figura 2
Il disturbo tende però poi a diminuire di frequenza superata la fase acuta per diverse ragioni:
a) una parte di malati non sopravvive all’ictus a causa della gravità della malattia o per complicanze cardiache o polmonari;
b) nei sopravviventi una parte migliora rapidamente per evoluzione spontaneamente favorevole del disturbo;
c) un’altra quota di malati migliora a distanza per la terapia logopedica.
Ad un anno dall’ictus, quindi, rimango significativamente afasici circa il 15% dei malati (cioè un caso ogni 6). In Italia si calcola che ogni anno si manifestino circa 200.000 casi di ictus (incidenza). In fare acuta, quindi circa 65.000 presentano afasia. Questo numero si riduce ad 1 anno a circa 30.000. Per quanto riguarda la prevalenza, che è circa 5 volte più alta della incidenza, si può calcolare che in Italia siano attualmente viventi circa 150.000 soggetti che presentano un’afasia, esito di un pregresso ictus cerebrale (prevalenza).
L’ictus, comunque, è una malattia complessa, che comprende forme ischemiche e forme emorragiche ed anche nell’ambito di questa principale suddivisione, esistono sottotipi differenti che dipendono da cause diverse e presentano quadri clinici di variabile gravità e con caratteristiche cliniche polimorfe.
Secondo Hoffmann e collaboratori (The Spectrum of Aphasia Subtypes and Etiology in Subacute Stroke. Journal of Stroke and CerebrovascularDiseases. 2013;22:1385-1392) l’afasia espressiva o di Broca può riconoscere diverse eziologie, mentre l’afasia globale è di solito dovuta ad ictus ischemico cardioembolico. L’afasia di comprensione o di Wernicke, è causata da infarto cardioembolico o da emorragia lobare che coinvolgano il lobo temporale sinistro. Le forme di afasia transcorticale motoria e sensoriale sono per lo più dovute ad ictus ischemico da aterosclerosi dei grossi tronchi arteriosi ovvero ad emorragia lobare, che coinvolgano rispettivamente il lobo frontale o la zona temporo-parieto-occipitale di sinistra.
Per quanto riguarda il significato prognostico, la presenza di afasia è considerata un fattore aggravante, dato che il disturbo della comunicazione verbale si associa di solito ad una più o meno grave emiparesi destra, a disturbi delle sensibilità e del campo visivo. Il soggetto afasico ha quindi più difficoltà a rientrare al proprio domicilio e più spesso necessita di periodi di ulteriore ricovero in reparti di riabilitazione, superata la fase acuta della malattia (Gonzalez-Fernandez M et al. Role of Aphasia in Discharge Location After Stroke. Archives of Physical Medicine and Rehabilitation 2013; 94: 851-5).
PREVENZIONE DELL’AFASIA
La prevenzione primaria fa riferimento a tutti quei provvedimenti sanitari che agiscono prima dell’insorgenza della malattia che determina afasia, agendo sui fattori che aumentano la probabilità di manifestazione della stessa.
In pratica, quindi, coincide con la prevenzione primaria dell’ictus che si basa sulla correzione dei fattori di rischio modificabili (ipertensione, fibrillazione atriale, aumento del colesterolo, obesità, fumo di sigaretta, abuso etilico, scarsa attività fisica, dieta incongrua). Hanno in questa fase molta importanza le modifiche dello stile di vita e l’uso di farmaci che riducano la pressione arteriosa, il tasso di colesterolo nel sangue, la tendenza a coagulare del sangue nelle situazioni a rischio trombotico o embolico come l’aterosclerosi e la fibrillazione atriale. Anche il chirurgo vascolare e il neuroradiologo interventista rivestono un ruolo rilevante nella correzione delle stenosi a carico dei grossi tronchi arteriosi a destinazione encefalica quando siano messe in evidenza prima dell’insorgenza di un ictus.
Nei casi in cui il malato abbia già sofferto di un ictus, si interviene in maniera più aggressiva per evitare la ricorrenza della malattia, dopo averne individuato il meccanismo eziologico.
Oltre alla correzione sistematica dei fattori di rischio (in questo caso l’approccio non è molto diverso rispetto alla prevenzione primaria), si interviene con terapie antipiastriniche, quando l’ictus è ischemico e su base aterosclerotica o da malattia dei piccoli vasi intracranici, con farmaci anticoagulanti orali quando l’ictus ischemico è stato causato da embolia cardiogena o da trombofilia genetica o acquisita. Nel campo dell’ictus cardioembolico dovuto a fibrillazione atriale abbiamo ora nuovi farmaci molto efficaci e con un profilo di tollerabilità migliore rispetto a quelli usati in passato. Nella patologia stenosante dei tronchi arteriosi epiaortici si può utilmente intervenire, in casi selezionati, con tecniche chirurgiche vascolari (endoarteriectomia) o per via endo-vascolare (angioplastica con stenting) per rimuovere il restringimento vascolare che ha determinato la malattia ed evitarne la ricorrenza.