FATTORI DI RISCHIO
Con il termine “fattori di rischio” si intendono condizioni personali o ambientali, abitudini di vita, comportamenti, oppure altre patologie che predispongono ad ammalarsi di ictus cerebrale, aumentando quindi il rischio che questa grave patologia si verifichi; possono essere classificati in non modificabili e modificabili.
NON MODIFICABILI
MODIFICABILI (con comportamenti adeguati o specifici trattamenti farmacologici)
I soggetti con valori di pressione arteriosa massima compresi tra 170 e 190 e pressione arteriosa minima tra 85 e100 mmHg, presentano un rischio di ictus cerebrale doppio rispetto ai soggetti con valori pressori pari o inferiori a 120/80 mmHg
Aumenta il rischio di ictus cerebrale ed è associato ad una prognosi meno favorevole nei pazienti già colpiti da ictus, perché si associa sia ad un aumentato rischio di un nuovo evento (ictus o TIA), che ad una maggiore mortalità
Ci sono inoltre altri fattori di rischio quali:
Fibrillazione atriale
La Fibrillazione Atriale (FA) è il disturbo cronico del ritmo cardiaco più frequente. Si tratta di un’aritmia che comporta un battito cardiaco irregolare e, molto spesso, più rapido che di norma (tachiaritmia). Interessa l'1-2% della popolazione e le probabilità di sviluppare tale condizione aumentano con l'avanzare dell'età. La fibrillazione atriale affligge circa 1,1 milione di individui in Italia, e si stima di raggiungere 9 milioni di casi entro il 2060 per effetto dei cambiamenti demografici. Si tratta di una condizione che si presenta nel 30-36 % dei soggetti adulti di razza caucasica, con maggior frequenza in età più avanzata, sino a riguardare il 30% dei pazienti ultranovantenni. Nella popolazione anziana del nostro paese la frequenza della fibrillazione atriale è stimata pari al 8,1%. In Italia, la fibrillazione atriale interessa circa l’8,1% della popolazione con più di 65 anni. Tra le persone di età maggiore di 40 anni, una su quattro può presentare nel corso della vita un episodio di Fibrillazione Atriale. A volte questo rimane l’unico evento, mentre in altri casi l’aritmia tende a ricorrere. Soprattutto nelle fasi iniziali, gli episodi tendono ad interrompersi spontaneamente, di solito nel giro di un paio di giorni; successivamente, la loro durata aumenta e diventano necessari interventi specifici per determinarne l’arresto.
Le caratteristiche della Fibrillazione Atriale variano da individuo a individuo. Alcune persone non manifestano alcun sintomo, spesso per anni, mentre per altre i sintomi cambiano di giorno in giorno, ragione per cui il trattamento congiunto dei sintomi e della fibrillazione atriale deve essere personalizzato. Giungere alla diagnosi Fibrillazione Atriale è cruciale per i pazienti che ne sono affetti, poiché soltanto dopo la diagnosi sarà possibile iniziare la terapia anticoagulante che è inemendabile per un’appropriata prevenzione dell’ictus cerebrale. Oggi è possibile attuare un monitoraggio continuo ed a lungo termine del ritmo cardiaco, sia ricorrendo a dispositivi impiantabili (come pace-maker e defibrillatori), che a strumenti meno invasivi ed “indossabili”, come se fossero orologi multifunzione.
QUALI SONO LE CAUSE DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE?
In un numero ridotto di casi (uno su dieci all’incirca), l’aritmia si manifesta senza una causa apparente e viene pertanto definita come “isolata”.
QUALI SONO I SINTOMI DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE?
I principali sono:
In alcuni soggetti i disturbi possono essere molto lievi o addirittura assenti e l’aritmia viene scoperta occasionalmente durante una visita medica eseguita per altri motivi. In presenza di sintomi o segni suggestivi della presenza di una Fibrillazione Atriale è opportuno effettuare una visita specialistica elettrofisiologica (consultando un cardiologo che si occupa specificatamente delle aritmie cardiache); nei casi di maggiore gravità è invece necessario un rapido accesso al Pronto Soccorso.
QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE?
Un ictus su 4 è causato dalla Fibrillazione Atriale ed è molto più severo di un ictus provocato da altre cause. Il rischio di incorrere in un ictus non è uguale in tutti i soggetti ed aumenta con l’età avanzata, la presenza di diabete mellito, ipertensione arteriosa, insufficienza cardiaca, malattia delle arterie o in coloro che hanno già presentato una ischemia cerebrale.
Un’altra possibile conseguenza temibile della Fibrillazione Atriale è rappresentata dalla riduzione più o meno grave della funzione di pompa del cuore (insufficienza cardiaca). Questo avviene solitamente in soggetti predisposti e soprattutto quando la frequenza di contrazione del cuore rimane a lungo molto elevata.
DIAGNOSI
Può rivelarsi difficile, in quanto la Fibrillazione Atriale è un evento imprevedibile e i sintomi non sono sempre evidenti. Per questo la collaborazione del soggetto è importante. Il medico o il team che seguono il caso avranno bisogno di indicazioni dettagliate in merito ai sintomi, oltre ai dati relativi all'attività elettrica cardiaca. Se il medico ha motivo di sospettare la presenza della Fibrillazione Atriale occorrerà eseguire degli esami diagnostici specifici e spesso ripeterli, oppure predisporre strumenti di monitoraggio del ritmo cardiaco per tempi più protratti.
PREVENZIONE DELLA FORMAZIONE DI COAGULI
Il rischio di ictus cerebrale determinato dalla Fibrillazione Atriale è legato al fatto che all'interno dell'atrio sinistro si formano coaguli che possono staccarsi (emboli) e viaggiare all’interno dei vasi sanguigni. La cura che riesce efficacemente a ridurre il rischio di questa eventualità è la terapia anticoagulante orale.
Fino a circa 10 anni fa, il farmaco più impiegato in Italia è stato il Warfarin, una sostanza molto efficace nella riduzione del rischio di ictus (di circa il 60%), ma con necessità di un continuo monitoraggio della sua azione mediante periodici esami del sangue. Inoltre, chi assume questo farmaco deve anche prestare attenzione alle sue interazioni con alcuni alimenti o altre sostanze che ne aumentano o riducono l’effetto.
Un’alternativa efficace e sicura per la prevenzione dell’ictus ischemico nella maggior parte dei pazienti fibrillanti (ad eccezione dei coloro che sono affetti da fibrillazione atriale valvolare) è costituita dai Nuovi Anticoagulanti Orali (NAO), più maneggevoli e sicuri. Questa nuova categoria farmacologica è efficace nella prevenzione dell’ictus ischemico e del tromboembolismo sistemico, anche in categorie “delicate” di pazienti (anziani, per esempio) e presenta un ridotto rischio di emorragie cerebrali. Inoltre: non richiede controlli ematici costanti, ha scarsissime probabilità di interazioni con alimenti e altri medicinali, è somministrata a dosaggio fisso rispetto alla terapia tradizionale, dimostrando un buon rapporto costo-efficacia.
RIPRISTINO DEL NORMALE RITMO DEL CUORE (CARDIOVERSIONE)
La procedura con cui si tenta di interrompere la fibrillazione atriale e ripristinare il normale ritmo del cuore (ritmo sinusale) è chiamata cardioversione. Può essere eseguita mediante somministrazione di farmaci antiaritmici (generalmente per via endovenosa nel corso di un ricovero o di un accesso in Pronto Soccorso) o attraverso un "impulso elettrico" erogato con delle speciali piastre posizionate sul torace (nel corso di un ricovero o di un accesso in Pronto Soccorso e dopo adeguata sedazione). Il medico farà la scelta del tipo di cardioversione più appropriata sulla base di una serie di fattori clinici e, soprattutto, della durata dell’episodio aritmico. Al primo episodio di fibrillazione atriale la cardioversione è sempre indicata e può essere tranquillamente ripetuta anche più volte nel tempo, quando è necessario ripristinare il normale ritmo sinusale. Se l’aritmia dura da più di 48 ore e/o la persona non è adeguatamente anticoagulata, la cardioversione potrà essere preceduta da una ecocardiografia transesofagea (un esame in cui una sonda viene introdotta dalla bocca e avanzata all’interno dell’esofago) al fine di escludere la presenza di coaguli nell’atrio.
PROBLEMA SOCIALE
L’impatto sociale dell’ictus è enorme, essendo la prima causa di disabilità al mondo. Ciò nonostante, i dati disponibili in Italia indicano che si tratta un numero insufficiente di pazienti con Fibrillazione Atriale, anche ad alto rischio. Un’elevata percentuale di pazienti (circa il 50%), soprattutto gli anziani, nonostante una chiara indicazione al trattamento con anticoagulanti, non riceve alcuna cura specifica, oppure è in terapia con farmaci antiaggreganti la cui efficacia è inadeguata. A questi si devono aggiungere le persone attualmente in trattamento con l'anticoagulante orale walfarin e che, nonostante frequenti monitoraggi e aggiustamenti della dose, presentano valori fuori range terapeutico (proporzione variabile dal 30 al 50%).
Da quando sono disponibili i NAO, che non richiedono il monitoraggio periodico della coagulazione ematica in laboratorio, si è ottenuto un significativo vantaggio sia per la persona che per il Sistema Sanitario. Infatti, la maggior facilità di accesso alla terapia anticoagulante ha contribuito ad aumentare la percentuale di pazienti con fibrillazione atriale correttamente trattati.
SCOAGULAZIONE
La nuova generazione di anticoagulanti orali ha fornito a medici e pazienti una gamma più ampia di opzioni terapeutiche per prevenire e curare le malattie tromboemboliche, come quelle determinate della Fibrillazione Atriale. Hanno rivoluzionato la prevenzione dell’ictus nei pazienti fibrillanti, poiché realizzano un trattamento efficace, ma soprattutto più sicuro e maneggevole dei vecchi anticoagulanti, anche in quei pazienti in precedenza non trattati proprio per il timore degli effetti indesiderati della terapia, come le complicanze emorragiche.
Infatti, come tutti i farmaci anticoagulanti rendono il sangue più fluido poiché impediscono la formazione di coaguli che possono portare ad ictus, ma proprio per questa caratteristica aumentano il rischio di sanguinamento.
In situazioni di emergenza (es. incidente stradale, chirurgia d’urgenza) potrebbe, quindi, essere necessario bloccare l’attività anticoagulante immediatamente. Se un anticoagulante dispone di un farmaco che blocca rapidamente la sua azione si parla di “scoagulazione reversibile”.
La molecola chiamata idarucizumab, disponibile in Italia da aprile 2016, è in grado di bloccare completamente l’effetto anticoagulante del farmaco dabigatran. E’ un vero e proprio antidoto e la sua azione si protrae per un tempo sufficiente a gestire l’emergenza in corso, con un buon profilo di sicurezza.
La molecola andexanet, approvato per l’uso ospedaliero nel giugno 2019, è in grado di revertire l’attività anticoagulante dei farmaci Apixaban, Rivaroxaban ed Edoxaban.
È attualmente in fase avanzata di sperimentazione clinica anche il ciparantag, una molecola con il potenziale di invertire l’effetto di diversi tipi di anticoagulanti.
I Nuovi Anticoagulanti Orali stanno assumendo un ruolo sempre più strategico nella prevenzione di eventi tromboembolici nelle persone a rischio: si sono dimostrati efficaci almeno tanto quanto il Warfarin, ma più facili da gestire e con un numero inferiore di sanguinamenti. La disponibilità della scoagulazione reversibile ne completa il profilo di sicurezza, permettendo al paziente di vivere serenamente la propria vita.